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Acerra (Na), la testimonianza dei coniugi D’Antonio alla Marcia per la Vita: “L’adozione, una via per conoscere Dio”

d'antonioLucia e Luigi D’Antonio, genitori adottivi e coordinatori regionali per la Campania dell’Associazione La Pietra Scartata e di Ai.Bi. Amici dei Bambini, sono intervenuti al termine della Marcia per la Vita che si è svolta ad Acerra (Na) il 13 febbraio 2016 organizzata in occasione della XXXVIII Giornata per la Vita dalla Diocesi di Acerra. Dopo la riflessione del Vescovo Sua Eccellenza mons. Antonio Di Donna, dedicata al tema Vita e pace, oltre l’indifferenza, Lucia e Luigi hanno proposto la propria testimonianza che qui di seguito volentieri condividiamo:

 

L’adozione, una via per conoscere Dio e fare esperienza della sua misericordia

 

«E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”» (Rm 8, 15).

Non si può parlare di adozione senza affrontare il dolore dell’abbandono, che è tradimento di una promessa di vita, spersonalizzazione e diffidenza nelle relazioni umane, mancanza di speranza e senso di vuoto: «Mamma, perché?». Ma l’abbandono non è, e non deve essere, l’ultima parola: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49, 15).

 

La nostra fatica

Perché proprio a noi? Le pance delle amiche che si colmano del frutto del loro amore, la gente che ci chiede: nessuna novità? Le notti insonni! Una condanna immeritata, un diritto di genitorialità drammaticamente ed ingiustamente leso! Il buio della notte: «Dio, Dio, perché mi hai abbandonato?» (Sal 22, 21).

Una lenta elaborazione della nostra piccolezza sfaldava il senso di onnipotenza ed autoreferenzialità. L’idea, non ancora matura: «Perché non adottare?», e l’incapacità di giungere all’atto di affidamento: il cammino nello Spirito è fatica e grazia, una lotta, tipica del cristiano, tra il vivere «secondo la carne» e il vivere «secondo lo spirito». Nello Spirito di Gesù ci liberiamo dalla pretesa e presunzione di essere buoni e giusti con le nostre forze («il peccato nella carne») e ci affidiamo al dono di Dio.

 

L’incontro con il bimbo, l’incontro con Dio

Intimorito, nudo, abbandonato, rifiutato, inesistente civilmente, privato nel profondo della sua identità. La sua umanità essenziale e povera, come Mosè nel cesto sul Nilo (Es 2, 6), e la sua innocente forza di senso dicevano della ricchezza della povertà contrapposta al pauperismo della nostra ricchezza. La situazione si è così capovolta: non lui veniva ad abitare nella nostra casa, noi siamo andati ad abitare nella sua casa, liberati dal superfluo, verso la salvezza, scoprendo in lui la «vera» traccia di Dio. Il Signore si faceva a noi prossimo in quel bambino. Ecco perché chi fa esperienza di adozione, nel proprio figlio riceve la grazia di incontrare il Cristo Risorto nel volto del bambino abbandonato. «E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”» (Mc 9, 36-37). L’incontro col bambino cambia la vita, un percorso lento che ridefinisce le priorità esistenziali. Segue l’adolescenza e l’elaborazione dell’abbandono, una rabbia e una sofferenza mai vista prima: «Voi non siete nessuno, perché mi ha abbandonato?» Il ritorno alle radici: in quel volto si poteva riconoscere il Volto di Gesù abbandonato sulla Croce. La nostra esperienza di fede prendeva una dimensione ed un suo spazio, aspettando di essere noi adottati da lui, perché si perfezionasse la circolarità dell’amore e il reciproco riconoscimento di genitori e di figlio. Perché anche nell’adozione c’è una duplice lotta, di chi ha attraversato il dolore del rifiuto e dell’abbandono, e di chi, a volte pure sbagliando, fa di tutto per riportare l’altro alla vita e alla pace. Solo pochi giorni fa nostro figlio ha ripreso il dialogo, ponendosi al nostro fianco: «Continuate così».

 

Adottare

Sangeetha Bonaiti, 31 anni, indiana adottata, oggi mamma, ci ammonisce: «Non si adotta un figlio per una mancanza ma per una sovrabbondanza». Adottare è ricevere dall’altro il grande dono di essere padri e madri; è accogliere, ospitare un figlio che non era più tale; è curare nell’altro il dolore dell’abbandono, perché la fessura della sua ferita diventi spiraglio di luce; è generare l’altro ad un amore che fa rinascere, nelle piccole cose di ogni giorno; è un atto profondo di paternità e maternità, che va oltre la carne, e che tuttavia passa attraverso la carne e la dedizione quotidiana; è un atto insieme di gratuità e di giustizia, che «restituisce» ad un piccolo rifiutato la sua dignità filiale, perché non diventi grande nella paura, solitudine, apatia e indifferenza, ma possa crescere con l’affetto, la sollecitudine e la presenza amorevole di un padre e di una madre, e di altri fratelli, di cui potersi fidare, sentendosi accolto senza condizioni. 



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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