Salta al contenuto Skip to sidebar Skip to footer

Adozioni per le coppie gay? Ancora equivoci, smarrimenti e nuove forzature/1

adozioni-gay1


Rileggiamo volentieri ciò che R. Colombo scriveva sulle pagine di Avvenire, individuando “equivoci e smarrimenti” negli argomenti proposti da chi sosteneva il tema del “diritto al figlio” per le coppie gay attraverso la trasformazione della lotta per la difesa dei diritti delle famiglie contro ogni forma di ideologico controllo delle nascite esercitata da talune istituzioni o di quella collegata alle diverse tecniche o prassi per il superamento della sterilità coniugale, in una sua formulazione presuntuosa su cui è opportuno tornare ora a riflettere.

“Dopo anni di aspri dibattiti sull’esistenza o meno di un ‘diritto al figlio’ da parte di una coppia sterile, e sull’eventuale cogenza erga omnes di tale diritto, è sorprendente – sosteneva Colombo – udire dagli stessi sostenitori di un’estensione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (anche le più ardite e discusse come la maternità surrogata) a ogni coppia che desideri comunque un figlio, un’affermazione – quella del ‘diritto del figlio’ – che veniva da loro bollata come espressione di posizioni culturali e politiche pro life, «troppo centrate sul nascituro», «più attente all’embrione che agli aspiranti genitori» e altre simili”.

Se dal un lato è da apprezzare il ritorno a un pensiero che si cimenta sul “figlio”, sulla sua identità, sulla sua dignità e sui diritti che ruotano attorno ad esso, dall’altro occorre evitare che la riflessione sia condotta attraverso fraintendimenti strumentali e forzature ideologiche e fuorvianti

Quando il diritto del figlio viene innalzato a vessillo per la battaglia sull’adozione del bambino da parte di una coppia omosessuale, un membro della quale è suo genitore biologico (la cosiddetta stepchild adoption), ci si accorge presto – avvertiva Colombo – di come l’affermazione di questo diritto a nome del concepito con il concorso di un soggetto terzo rispetto alla coppia stessa (uomo donatore di liquido seminale o donna donatrice di ovociti e prestatrice d’utero) appaia strumentale al preteso riconoscimento di un altro diritto, quello delle persone gay o lesbiche a diventare padri e madri in forza di una convivenza con persone dello stesso sesso giuridicamente sancita come ‘unione civile’.

Per tale via si sarebbe giunti alle formulazioni del ‘diritto al figlio’, inteso come antecedente e originante i ‘diritti del figlio’, che al primo viene così ad essere subordinato o, quanto meno, ordinato; così è quanto è stato propugnato per rivendicare il ‘diritto’ di accesso alla fecondazione artificiale per le donne e gli uomini eterosessuali o omosessuali soli (i single) o non più in età riproduttiva (i cosiddetti ‘genitori-nonni’): il desiderio di maternità e paternità viene soddisfatto attraverso la medicina della procreazione a prescindere dal bene del figlio che viene alla luce.

Invece, i diritti del figlio (nascituro o già nato) precedono e fondano quello di una coppia di soggetti che aspirano a diventare genitori naturali o adottivi, perché ogni genitore può essere tale in quanto è, prima di tutto, un figlio: solo lo stare ‘dalla parte dei figli’ – ricorda Colombo – consente di abbracciare ‘la parte dei genitori’, cioè riconoscere chi è il padre e chi è la madre.

Le conseguenze di un processo culturale e politico che trasforma il figlio da soggetto di diritti ad oggetto di un presunto diritto, entrano in palese conflitto con il principio del diritto internazionale e nazionale sull’adozione, come risulta essere affermato in numerosi pronunciamenti recepiti anche nell’ordinamento giuridico italiano. Così la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo: «In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private, […] l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente» (art. 3); e ancora: «Gli Stati che ammettono e/o autorizzano l’adozione, si accertino che l’interesse superiore del fanciullo sia la considerazione fondamentale in materia» (art. 21).

 



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


Sostieni anche tu questa nostra testimonianza e specifica missione, Dona ora
inserendo la causale "sostegno vocazione all’accoglienza familiare"..

Lascia un commento