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Amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio.

Siamo ormai giunti quasi al compimento del cammino pasquale, con la solennità dell’Ascensione, che sarà la prossima domenica, e poi con la grande solennità della Pentecoste, la domenica successiva.


Le parole di Gesù nel Vangelo ci stimolano proprio a vivere e a ‘rimanere’ nello spirito pasquale.

Il brano che abbiamo letto e ascoltato oggi ci propone un triplice ‘movimento’, un triplice passaggio, nel nome dell’amore: dal Padre a Gesù, da Gesù a noi e, tra noi, gli uni verso gli altri.

«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi».Questi sono i primi due passaggi.

Il primo è la relazione tra il Padre e il Figlio, Gesù: è una relazione di amore, di dono continuo, totale. Il Padre è l’Amore originante, che dona tutto se stesso al Figlio, che è Amore originante ‘ricevuto’. C’è una perfetta uguaglianza tra chi dona e chi riceve, e Colui che è ricevuto, nella Trinità di Dio!

Noi possiamo solo scorgere qualche scintilla di questa Luce: “Luce da Luce – dice il Credo – Dio vero da Dio vero. Generato, non creato, della stessa sostanza del Padre».

E come noi abbiamo ‘scoperto’ questa Luce, che è Dio, se non perché Dio stesso si è rivelato e si è donato a noi?

Ecco, questo è proprio Gesù:«anche io ho amato voi»,dice oggi Gesù nel Vangelo, così «come il Padre ha amato me».

L’amore è diffusivo, è comunicativo, perché è sovrabbondanza di vita e di dono di sé. L’amore non trattiene, non chiude, non si rifiuta.

L’amore ‘ospita’, offre e riceve.

Questa è la ‘logica’ dell’amore, che non è una ‘logica’ di calcolo, strumentale, ma è la ‘logica’ di una ricchezza che trasforma. Infatti non c’è niente di più trasformante dell’amore. Quando una mamma e un papà amano il loro bambino, lo ‘trasformano’, lo rendono capace di donare, proprio mentre accoglie l’amore che essi gli donano.

Gesù descrive il suo amore per noi con delle parole bellissime.

Non si tratta certo (semplicemente) di un amore romantico, di un sentimento di ‘trasporto’ verso l’altro:«nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici».

Gesù dà parola, qui, ad una verità profondissima della vita umana: l’amore «più grande» sta nel ‘dare la vita’.

Qui ‘dare la vita’ significa giungere a morire, perfino, come segno definitivo e insuperabile di amore per l’altro.

È nella Pasqua che Gesù ha dato la vita: e dando, per noi, la sua vita, ci ha dato la vita.

‘Dare la vita’, come ha fatto Gesù, però non è solo morire per l’altro.

‘Dare la vita’ è spendersi per l’altro, dedicarsi a lui, nelle piccole cose o nelle grandi cose è offrire quel poco o quel tanto che possiamo per lui o per lei!

In questo modo, vivendo generosamente, noi ‘generiamo’ l’altro.

Infatti ‘dare la vita’ significa anche ‘generare’ l’altro. Così, i genitori ‘danno la vita’ ai propri figli.

‘Dare la vita a …’, in fondo, significa essere pronti a ‘dare la vita per …’.

E ‘dare la vita per …’ significa in realtà ‘dare la vita a …’.

Anche chi non genera fisicamente, ma ‘dà la vita per qualcuno’, allora verso di lui o di lei, è uno che dà la vita a …

Ecco, questo è quello che Gesù dice di sé, verso di noi: si è dedicato a noi, rivelandoci così il Padre che è amore, fino a morire per noi e, in questo modo, ci ha dato la vita, ci ha generato a uno stile di vita nuovo, donandoci il suo.

«Non vi chiamo più servi, …; ma vi ho chiamato amici».

Lui, che è Dio, avrebbe avuto molti motivi per chiamarci servi, perché Dio è Colui al quale solo dobbiamo il nostro servizio, riconoscente.

No: ci ha chiamato ‘amici’; «perché – dice Gesù – tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi».

Tra amici non ci sono segreti, non ci sono riserve, non ci sono ‘zone riservate’, perché ci si fida uno dell’altro. Non è necessario che ti nasconda qualcosa, per difendermi, ma proprio perché posso fidarmi non ho bisogno di difendermi.

Qui Gesù ci rivela come l’amicizia sia la forma eminente, anche se non l’unica, dell’amore.

L’amore di amicizia è una relazione meravigliosa: puoi contare sull’altro come se lui fosse te stesso, pur rimanendo egli altro.

E, ancora, Gesù aggiunge un’altra stupenda caratteristica al suo amore per noi:«non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi».

Tante volte noi diciamo che ‘gli amici si scelgono’ e questa frase significa (anche) che non possiamo essere ‘amici’ di tutti.

Il rischio, però, in queste parole, è che l’amicizia diventi una selezione, quasi una discriminazione, un cerchio di preferiti nel quale noi ci chiudiamo.

Ora, se è vero che non possiamo essere amici di tutti allo stesso modo, è anche vero che l’amicizia non può che rimanere aperta, a tutti, altrimenti si trasforma in ‘complicità’, che è cosa ben diversa dall’alleanza – che è sempre nel bene! – .

Ma c’è una verità più profonda che facilmente ci sfugge: ‘gli amici si scelgono’ significa che avere un amico è davvero sceglierlo.

L’amicizia è una relazione da volere. Non è da subire passivamente.

Volere significa impegnarsi, dare e fare del proprio meglio!

Volere davvero non è ‘fare finta’, ‘fare come se…’.

Ecco, Gesù ci ha scelto come suoi amici, ci ha proprio voluto come suoi amici, Lui che è la rivelazione-dono dell’amore del Padre.

E, infine, siamo arrivati al terzo movimento:«il mio comandamento– dice Gesù – èche vi amiate gli uni gli altri». Non c’è altro modo per ‘rimanere’ nel suo amore, nell’amore che Lui ha per noi, se non quello di ‘amarci gli uni gli altri’.

Il frutto dell’amore ricevuto da Lui è che ci amiamo tra noi:«vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga».

Gesù non attende semplicemente che noi amiamo Lui.

Gesù ‘ci manda’ perché noi ci amiamo gli uni gli altri. Non c’è altro modo per amare Lui!

È molto bella questa parola:«gli uni gli altri».

Nel Vangelo di oggi è ripetuta due volte!

E poi è detta anche nella seconda lettura, che riproduce lo stesso discorso del Vangelo di Gesù:«amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio».

Che cosa significa ‘gli uni gli altri’?

Mi pare che questa parola dica, in modo molto bello, la ‘reciprocità’ dell’amore e, nello stesso tempo, ci inviti a superare il rischio di una ‘reciprocità’ mercenaria, utilitaristica, frutto di un calcolo strumentale.

Amarsi ‘gli uni gli altri’ significa amare l’altro per grazia, non per essere riamato.

Ma questo vale anche per l’altro: anche lui ama me, per grazia.

Un amore così per noi umani è (quasi) impossibile.

Dico ‘quasi’ perché in fondo l’amore paterno e materno molto si avvicina a questo ‘amore per grazia’ e molte volte, o qualche volta, così è l’amore sponsale!

In ogni caso, un amore così grande, per noi, sarebbe davvero impossibile se Dio non ci avesse amato.

Ogni grande amore umano è testimonianza o frutto – a volte, anche senza saperlo – di quell’Amore Originante che è Dio.

Origine dell’Amore, Amore per grazia!

don Maurizio



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