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Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?

“Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?” chiedono a Gesù le folle accorse da Lui, che aveva già sfamato con la moltiplicazione dei pani e dei pesci più di 5000 persone.
È la domanda che spesso ci facciamo anche noi, pensando che Dio venga a chiederci qualcosa da fare o non fare …
Ma l’“Opera di Dio”, risponde Gesù, l’unica che può cambiare la nostra vita, è la Fede: “Credere in colui che mi ha mandato”. Credere che Gesù è vivo, che Lui può donarci la vera felicità, che seguire le Sue vie, ascoltare la Sua Parola, significa trovare il senso profondo della nostra vita, realizzarci come uomini e donne. Questa è la fede.
Ancora però non basta alle folle, e chiedono a Gesù un “segno” perché possano dargli credito. Siamo nel Vangelo di Giovanni, in cui Gesù mostra la Sua figliolanza divina attraverso i “sette segni”. Gesù dona sempre dei fatti attraverso cui possiamo ricevere la fede, per chi lo cerca con cuore aperto: può essere la testimonianza di una persona, un’esperienza di fede, un fatto con cui il Signore ci risponde.
Il problema è, come dice Gesù alle folle, che può accadere che “voi non mi seguite perché avete visto dei segni”, ma perché vi siete sfamati: in altre parole, possiamo non vedere questi segni perché non ci interessa in realtà seguire Cristo, non ci interessano le sue vie di Salvezza, ma piuttosto vogliamo invece che Lui faccia la nostra volontà, risolva i problemi, sia un po’ come un “totem”. Pensiamo che la nostra idea di felicità sia migliore di quella che ci promette Cristo.
Chiediamo al Signore di guarirci da questo inganno. Abbiamo bisogno di fidarci delle “Sue” vie, prima di tutto del “pane che scende dal Cielo”, di ricevere il Suo Spirito consolatore: “Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai”.
Allora potremo anche noi vedere che si compie la Parola, perché “tutto il resto vi sarà dato in abbondanza”.
Mons. Antonio Interguglielmi


L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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