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Convertirsi e credere nel Vangelo lasciandosi attrarre dall’amore e dal perdono di Dio.

L’apostolo Pietro, nella seconda lettura, scrive che l’acqua del diluvio è immagine del Battesimo. La distruzione di quel diluvio diventa così figura della distruzione del male e dell’egoismo diffusi su tutta la terra.


Noè, con la sua famiglia, fu salvato. Grazie alla famosa ‘arca’’ (di Noè), l’acqua del diluvio divenne per lui occasione di salvezza.

Tutto questo, dice l’apostolo, è figura di quello che accade al credente: l’acqua del Battesimo «non porta via la sporcizia del corpo». C’è qualcosa di più profondo e radicale.

Quell’acqua è simbolo efficace dell’opera di Gesù: «in virtù della risurrezione di Gesù Cristo», quando noi celebriamo il Battesimo, facciamo a Dio una preghiera efficace di «invocazione di salvezza».

Così noi veniamo salvati «per mezzo dell’acqua».

Oggi, cominciando questa prima domenica di Quaresima, siamo quindi invitati a ricordare la grazia del nostro Battesimo. Non è un caso che, nella Chiesa antica, la Quaresima era segnata dalle ultime suggestive tappe, liturgiche, che preparavano alla celebrazione dei Battesimi, che avvenivano nella notte di Pasqua.

Questo tempo di Quaresima è per ciascuno di noi occasione preziosa, tempo favorevole, per fare memoria della meravigliosa grazia del Battesimo, nel segno dell’acqua.

La Parola di Dio, nella prima lettura e nel Vangelo, ci spinge a fare memoria di due tappe fondamentali, anche se in modo diverso, della storia della salvezza.

Dal libro della Genesi abbiamo ascoltato le parole pronunciate dal Signore al termine del diluvio.

Questo racconto, che arriva al culmine di una storia di peccato e di male che si allarga sempre più, ci aiuta a leggere e comprendere tutta la storia dell’umanità e, anche, la nostra storia attuale.

Il male è diffuso ovunque: egoismo, provocazioni, violenze, menzogna. Siamo come travolti dalle onde del male.

E questo non è solo fuori di noi, per colpa degli altri, ma è anche in noi. Ciascuno di noi, in tanti modi, compie il male e partecipa, ci mette del suo, a diffondere egoismo, violenza e menzogna.

Nessuno di noi si sottrae a questo oceano di male.

Ecco, il diluvio, nella Genesi, diventa figura dello sdegno di Dio, nei confronti del male. Dio non può sopportare il male.

Ciò che è occasione di morte, nel racconto di Genesi, diventa tuttavia occasione di vita rinnovata: Noè e la sua famiglia sono il principio di un nuovo inizio, di una nuova speranza per questa umanità.

Perciò, questa ‘nuova umanità’, è figura e immagine della nuova umanità salvata in Cristo, in forza dell’amore sovrabbondante con cui il Signore Gesù è entrato nella storia dell’umanità, l’ha come ‘invasa’, per salvarla da se stessa.

Nella prima lettura, dalla Genesi, c’è una parola che ritorna in modo insistente ed è una vera e propria ‘chiave’ per comprendere il racconto di Noè.

È la parola alleanza. «Ecco io stabilisco la mia alleanza con voi …».

È una alleanza con Noè e la sua famiglia, ma poi anche con tutti i suoi discendenti. Non solo: questa alleanza è con tutta la creazione, con gli esseri viventi, con la terra intera.

E poi questa alleanza riceve un segno, un bellissimo segno: l’arcobaleno. «Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra».

L’autore biblico interpreta un fenomeno naturale come un bellissimo segno di Dio. L’arcobaleno sembra un arco rovesciato, un arco deposto, dopo il combattimento. Quel segno di guerra, quindi, diventa un segno di pace.

Così è l’arcobaleno. Dopo una tempesta, soprattutto d’estate, quando alla fine riappare improvvisamente la luce del sole, si produce questo meraviglioso gioco di luci e di colori, come un arco rovesciato, un segno di pace, un segno – più che di tregua – di un nuovo inizio.

Dopo la violenza distruttiva dell’acqua, la vita riprende, carica di luce e di speranza.

È un nuovo inizio.

Nella Genesi, Dio dice: che «quando … apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne».

L’alleanza di Dio con l’umanità qui viene annunciata come un’alleanza fedele, indistruttibile.

Ogni volta che comparirà, ovunque sulla terra, l’arcobaleno di luce diventa un segno di questa alleanza promessa da Dio, con Noè, all’umanità intera.

Ecco, Gesù annuncia, nella sua carne, che questa definitiva alleanza tra Dio e l’uomo è realizzata, in modo sorprendente.

Gesù è l’arcobaleno di Dio per questa nostra umanità.

Quando Gesù dice che: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» egli porta a compimento l’alleanza di Dio con l’umanità. È Dio stesso che, in Lui, si fa vicino a noi. Di che cosa dobbiamo avere paura, se «il regno di Dio è vicino»?

Questa sua prossimità, questo suo avvicinarsi a noi, questa sua grazia che sorprendentemente ci viene incontro, cambia una volta per sempre la storia: «Il tempo è compiuto».

È finito il tempo dell’incertezza, il tempo della paura, il tempo della minaccia.

Certo, non mancano, anche oggi, per noi, la fatica, la prova.

Proprio di questo sono segno i «quaranta giorni» in cui Gesù stesso rimane nel deserto, «tentato da Satana».

Il tempo della Quaresima è simbolo di queste prove, di questo tempo difficile, nel deserto. È un tempo di prova, che è simbolo di tutta la vita, che è un tempo di prova.

La prova sta in questo: che la fame e la sete ci fanno ‘provare’ tutta la nostra fragilità.

Fame e sete sono il simbolo del desiderio non compiuto.

Quanti nostri desideri rimangono incompiuti!

Tutta la nostra vita è un susseguirsi di desideri, di attese, che spesso rimangono come sospesi, insoddisfatti.

Alla radice di tutti questi desideri, c’è un desiderio di pienezza, di compimento, di felicità.

Questo rimane al di là delle nostre forze.

Ecco, proprio in questo tempo di prova, sospinto dallo «Spirito» arriva Gesù.

Egli ci annuncia che, in questo tempo difficile, «il regno di Dio è vicino». Dio, in Gesù, cammina con noi, ci fa grazia, ci dona se stesso.

Tutto questo richiede la nostra risposta. Il dono non si realizza magicamente, come un fuoco d’artificio.

«Convertitevi e credete nel Vangelo». La buona notizia del tempo compiuto, compiuto grazie alla cura e alla prossimità di Dio, ci apre alla speranza. La sua alleanza non verrà meno.

Credere a questo Vangelo significa ‘convertirci’, lasciare cadere il peccato che ci soffoca, allontanarci dal male, lasciarci attrarre dall’amore e dal perdono di Dio.

Questo ci ricorda il tempo di Quaresima.

A questo ci richiama questo tempo favorevole: la grazia dell’amore, questa pienezza del tempo, ci sollecita a camminare nel tempo della prova, fidandoci della promessa di Dio, della sua alleanza, in Gesù, di cui l’arcobaleno è, ancora oggi, segno e memoria preziosa.

don Maurizio



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