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Corea del Sud: istituti pieni ma si possono adottare solo i minori con meno di 4 anni

bambini-cdsUna capitale avveniristica, una società in continuo sviluppo, un’economia che rappresenta la quarta potenza del continente asiatico, ma anche una grande pecca: una cultura della famiglia ancora troppo debole. È la Corea del Sud, meta del recente viaggio di Papa Francesco che, tra le tappe della sua visita, si è recato anche presso la Casa della Speranza, un centro che accoglie decine di minori abbandonati.

 

Lo Stato sudcoreano ancora oggi non incentiva più di tanto l’istituto dell’adozione internazionale, nonostante l’abbandono dei minori sia una pratica ancora largamente diffusa nel Paese. La presunzione alla base di questa scelta decisamente restrittiva in materia di adozioni sta nel fatto che lo Stato ritiene di potersi in qualche modo sostituire alla famiglia, laddove quest’ultima non sia in grado di garantire al bambino i servizi e le cure necessarie per la sua crescita. Meglio un minore in istituto, quindi, secondo Seul, che uno in condizioni di indigenza presso una famiglia povera. La conseguenza è quella di avere tantissimi istituti di notevoli dimensioni, in cui l’ordine e la pulizia regnano sovrani. Ma che, naturalmente, non sono assolutamente paragonabili a un contesto familiare, l’unico che può offrire a un bambino quel diritto fondamentale e imprescindibile rappresentato dall’avere un papà e una mamma.

 

“Nel mio viaggio in Corea del Sud ho visto istituti enormi, anche con 1.000 minori, dai 4 ai 18 anni” ricorda Marco Cremonte, a cui Amici dei Bambini affidò una missione in Estremo Oriente alcuni anni fa. “Era il 2006 – racconta Cremonte – quando Ai.Bi. richiese l’accreditamento per effettuare adozioni internazionali in Corea del Sud, ma la risposta fu negativa. Seul infatti ha un sistema molto particolare che regola questa pratica. Nel Paese sono infatti presenti solo 4 agenzie coreane, attraverso le quali chiunque voglia adottare lì deve necessariamente passare. Inizialmente – ricorda ancora l’ex referente di Ai.Bi. – la Corea del Sud non era intenzionata ad aprire a nuovi Paesi, poi optò per un’apertura solo a pochi enti autorizzati. Per l’Italia ci fu posto solo per uno”. Un sistema che però non è immune da contraddizioni. A fronte delle poche adozioni fatte dalla maggior parte dei Paesi, gli Stati Uniti hanno invece da sempre accolto molti bambini coreani e questo in virtù degli accordi politici stipulati da Seul e Washington in occasione della Guerra di Corea degli anni 50.

 

Ulteriore restrizione alle adozioni internazionali è rappresentata dal fatto che sono adottabili solo bambini di età inferiore ai 4 anni. “Il motivo di questa scelta – dice ancora Cremonte – stava nella volontà di Seul di voler salvaguardare le radici culturali dei minori. Un’adozione realizzata in età più tarda, secondo loro, sarebbe stato quindi più traumatico per i bambini.

“Eppure – richiama Gianmario Fogliazza del Centro Studi Ai.Bi. -, nei giorni scorsi nessun organo di stampa ha potuto trascurare di commentare la visita di Papa Francesco al comprensorio di istituzioni di Kkottongnae. Tutti hanno evidenziato il gesto di rispetto del Santo Padre che è entrato a piedi scalzi al centro di recupero per persone disabili “House of Hope”, dove lo attendevano anche una cinquantina di bambini abbandonati, salutati da Francesco ad uno ad uno, con gesti semplici e propri di un tenero, non distratto, padre: mettendo le mani sul capo di ognuno, accarezzando, abbracciando, baciando.”

 

Come spesso anche noi affermiamo – sottolinea Fogliazza – anche durante la visita del Papa è stato opportunamente evidenziato come questi bambini, solo a motivo delle loro patologie o disabilità, siano stati abbandonati due volte: dai genitori, che li hanno abbandonati, e dalla società, perché nessuno li vuole adottare. Per questa ragione, tra le diverse encomiabili attività del Centro House of Hope, è giusto evidenziare quella che qualifica le altre: la ricerca di una famiglia adottiva per questi bambini che hanno tutto il diritto di tornare ad essere figli.

 

Infatti, secondo Fogliazza, l’abbandono non deve essere l’ultima condizione per questi bambini e per loro non sia l’assistenza l’ultimo sforzo della società coreana, della Chiesa e della comunità internazionale: “sia sensibilizzata la comunità coreana e incoraggiate le famiglie coreane per l’accoglienza adottiva di tutti i bambini abbandonati e, ancorché in subordine, sia anche considerata, senza ulteriori indugi, la preziosa opportunità dell’adozione internazionale.

 

 



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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