Salta al contenuto Skip to sidebar Skip to footer

Don Alberto Cozzi: “Perché sono sempre meno le coppie che vogliono adottare un bambino? È vero che ogni abbandono scatena un male? Come restituire la dignità di figlio?”

DON-COZZIIl rapporto tra il Male e l’abbandono è stato al centro di un intenso dibattito nel corso della quarta giornata della XXIII Settimana di formazione e studi delle associazioni Ai.Bi. Amici dei Bambini e La Pietra Scartata, in corso a Gabicce Mare (Pu). I presenti in sala hanno potuto confrontarsi con don Alberto Cozzi, teologo, vicepreside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano.

“Rivestitevi dell’armatura di dio, per poter resistere alle insidie del diavolo”. È con riferimento a questa esortazione dell’apostolo Paolo (Ef 6,11) che ha preso avvio il suo intervento che ha condotto a un’analisi teologica del male dell’abbandono.

“Ci sono due forme di esperienza del male – ha spiegato don Cozzi –: quella legata al caso, come può essere un incidente, e quella che chiamiamo demoniaca, che non può essere vinta se non attraverso la dottrina e i gesti della Chiesa. Ciò che caratterizza questa forma di male, secondo il teologo lombardo, è la perdita di dignità come figlio di Dio.

L’abbandono è una di queste forme del male. “Ogni abbandono scatena un male?” Chiede Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. “Esso – risponde affermativamente don Cozzi – suggerisce l’impressione, per questi bambini, che nessuno li voglia. È il diavolo, infatti, a creare situazioni di estrema depressione, di considerazione nulla di se stessi. Seguire e accogliere un bambino abbandonato, invece, vuol dire restituirgli la dignità di figlio di dio. Tocca ai genitori adottivi far capire al loro bambino che il rifiuto non fa più parte della sua vita. Ricordiamo che il male può diventare bene, ma non per se, bensì attraverso Cristo. Ne è lui stesso l’esempio: la morte di Gesù ha portato alla Resurrezione, ma Gesù la sua morte l’ha vissuta tutta”.

Al termine del suo intervento, cerchiamo di approfondire con don Cozzi il tema dell’abbandono e dell’accoglienza secondo il suo punto di vista di teologo.

 

Stiamo assistendo al “male dell’accoglienza”: un calo pauroso delle coppie disponibili ad adottare e a salvare un bambino abbandonato. Come interpreta questo fenomeno?

Come un influsso del male sull’amore e sulla tenuta dei legami affettivi. L’adozione comporta un tipo di legame e di amore più impegnativo. Questa crisi può riflettere anche una crisi dell’amore coniugale che non viene più ritenuto come qualcosa di ovvio. L’influsso del male si traduce quindi nella perdita di capacità di accogliere e di leggere il bisogno di amore di milioni di bambini abbandonati.

Durante questa Settimana un ragazzo di Ai.Bi.G ha raccontato che, fino a qualche anno fa, non riusciva ad accettare la propria adozione. Era il male a indurlo a non accettare un dono come questo?

Questo ragazzo probabilmente, e inconsciamente, ha letto la sua adozione come un atto non dovuto. Essa, infatti, a volte tende a fare permanere nell’adottato la sensazione di essere in debito e la necessità di porsi delle domande: che relazione posso instaurare con gli altri, a partire da un dono non dovuto? Tutti i legami, sia quello biologico che quello adottivo, devono essere quindi stretti in condizioni di libertà personale, indispensabile affinché il rapporto funzioni e i figli vivano nella sicurezza dell’amore che ricevono.

Durante il suo intervento ha parlato di resistenza al male e a una sorta di barriera sociale che impone, a chi compie il bene, quello che lei ha definito “onere della prova”. Come si può aiutare a incrementare la fiducia nelle famiglie, nei figli e nelle comunità come Ai.Bi., “costrette” quasi a rivendicare il diritto di agire per il bene dei bambini abbandonati?

La questione della fiducia richiama una lotta culturale. Le intuizioni della fede devono mettere in atto una cultura capace di abbattere queste barriere. Un figlio adottato, per esempio, deve sfidare una certa cultura dominante per poter davvero apprezzare il gesto d’amore da parte dei genitori. E questi ultimi non devono tenere “in privato” i propri bambini, ma rendere pubblico il loro atto di accoglienza. Bisogna quindi intraprendere una vera battaglia culturale, passare da una fede privatamente vissuta a una esperienza condivisa che assume anche impegni. Attraverso un percorso comunitario, un insieme di persone che condividono una stessa esperienza realizzano una nuova esperienza culturale. È ciò che deve fare la Chiesa: costituire comunità che esercitino una nuova forma di esperienza ispirata alla fede, senza arrendersi alle culture dominanti o farsi assimilare da accomodanti scelte culturali.

 



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


Sostieni anche tu questa nostra testimonianza e specifica missione, Dona ora
inserendo la causale "sostegno vocazione all’accoglienza familiare"..

Lascia un commento