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Don Maurizio Chiodi: “Non abbiate paura! Ecco, questa è la prima parola della Pasqua”

don-chiodi-2Di seguito un estratto dell’omelia scritta in occasione della Santa Pasqua da don Maurizio Chiodi, consigliere spirituale de La Pietra scartata, associazione di fedeli costituita da famiglie adottive e affidatarie. 


E’ giorno di Pasqua, oggi! Ci siamo scambiati gli auguri, abbiamo partecipato nei giorni scorsi alle celebrazioni più significative del Triduo Pasquale, forse qualcuno di voi alla Veglia, vera Madre di ogni celebrazione eucaristica… Ma oggi è un giorno nuovo, unico, speciale. E’ Pasqua! Per gustare il clima, l’atmosfera di questo giorno ci lasciamo condurre dal Vangelo di Marco. Tre donne, appena passato il sabato, «al levare del sole» si precipitano al sepolcro di Gesù, dopo aver comprato «oli aromatici per andare a ungerlo». Sono le tre donne che, poco prima, l’evangelista aveva nominato perché presenti alla croce di Gesù. E’ bellissima questa presenza delle donne, prima presso la croce e poi al sepolcro di Gesù. Il Vangelo di Marco non nomina nessun altro, intorno al crocefisso, al di fuori del centurione, che esclama: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!», e di Giuseppe di Arimatea, «ebreo autorevole del Sinedrio» che con grande coraggio va da Pilato a chiedere di poter seppellire il corpo di Gesù. Dove sono i discepoli? Si sono dileguati, sono scomparsi. Proprio loro, cui Gesù aveva detto nell’Ultima Cena: «Fate questo in memoria di me!». Dove sono? Al sepolcro, alle prime luci dell’alba, al sepolcro vanno soltanto le donne… Possiamo immaginare il dolore, la pena, la solitudine di queste tre donne. Hanno ancora negli occhi l’immagine della morte di quell’uomo che hanno incontrato e che ha sconvolto la loro vita. Hanno l’animo trafitto dal dolore, perché l’hanno ucciso ingiustamente e crudelmente. Il Vangelo non ci dice nulla dei loro discorsi. Forse non riuscivano nemmeno a dire una parola, tanto erano sconvolte e forse disperate! Marco ci racconta solo di una loro preoccupazione fondamentale, mentre vanno al sepolcro: «Dicevano tra loro: “Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?”». E’ una bellissima domanda, che dice tutto l’amore di queste donne per Gesù: hanno paura di non poter ‘toccare’ di nuovo il suo corpo. Hanno paura di non poterlo ungere con gli oli aromatici. Hanno paura di non poter avere cura di lui, di quel Gesù, ormai morto, che tanto si era preso cura di loro. E’ un gesto di gratitudine quello di queste donne. E’ come il desiderio di un ultimo ’contatto’ con Gesù, prima di perderlo definitivamente. Tutto possono immaginare queste donne, meno quello che sta per accadere loro! C’è un senso straordinario di sorpresa che queste donne ci invitano ad avere, anche noi, questa mattina. Venendo a Messa, forse anche noi abbiamo parlato del più e del meno. Forse oggi, anche se è Pasqua, non ci aspettiamo nulla di nuovo. Si, oggi facciamo un po’ di festa. Ma domani e dopodomani la vita riprenderà a scorrere nei binari del quotidiano. Tutto tornerà come prima. Così pensiamo anche noi. Eppure mentre queste donne si avvicinano al sepolcro, alzano lo sguardo, come a voler vedere “qualcosa”, come spinte dall’ansia e dal desiderio di giungere il più presto possibile. E qui comincia ad accadere qualcosa che non si aspettavano: «osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande». Il sepolcro è aperto, addirittura squarciato. Loro non sanno, non possono sapere che cosa è accaduto. Però, questa ‘apertura’ del sepolcro deve far riflettere anche noi, come aveva interrogato quelle donne. C’è una fessura che si apre, nelle tenebre e nel chiuso di quel sepolcro. E’ un luogo di morte, più che di pace, quel sepolcro! Ma, in quel luogo di morte si apre uno spiraglio, che fa intravvedere qualcosa di nuovo. E’ importante questo, anche per noi, in questo giorno di Pasqua. E’ bello saper vedere che Gesù apre i nostri sepolcri, le nostre tristezze, apre e sconvolge le nostre chiusure, i nostri egoismi. Fa rotolare via le pietre che imprigionano le nostre speranze. Fa entrare l’aria fresca e pulita del giorno di Pasqua! Poi le donne, forse con un po’ di timore (ma l’evangelista non dice nulla sui loro sentimenti), finalmente arrivano al sepolcro ed entrano. Entrano con coraggio, in questo luogo oscuro, un luogo di morte e di silenzio: «Videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura». Possiamo immaginare lo sconvolgimento, lo stupore, la meraviglia di queste donne? Il Vangelo dice che «ebbero paura». Una scena che non avrebbero mai immaginato si dischiude ai loro occhi – e hanno paura, stavolta l’evangelista lo dice chiaramente! –. E’ un giovane, seduto, un particolare significativo, perché inutile. Non lo conoscono, non sanno chi sia. Non è Gesù e comunque non è un morto. E’ vestito di una veste bianca, luminosa, in quel luogo oscuro, di morte. Hanno paura, le donne. Forse si sono immobilizzate. Non sanno che cosa dire. Rimangono in silenzio. Un attimo che sarà stato lungo come un’eternità. Poi quel giovane parla loro. Poche parole, ricche però di un grande senso, ricche di una luce e di una speranza per tutta l’umanità. E le donne saranno portatrici di questa speranza. Saranno le prime testimoni di questo dono di grazia e di vita, che è anche per noi, oggi. Prima di tutto: «Non abbiate paura!». Ecco, questa è la prima parola della Pasqua. Non dobbiamo avere paura. Le donne potevano aver paura di tante incognite, legate a quei giorni terribili della Passione. E noi? Anche noi abbiamo le nostre paure, timori, angosce, preoccupazioni. L’angelo ci dice, a nome di Gesù: “Non aver paura! Abbi fiducia!”. Perché questo è il contrario della paura: la fiducia, che alimenta la speranza e la pazienza.



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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