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Gustare la grazia di un amore pieno.

È oramai da parecchie domeniche che stiamo leggendo il capitolo VI del Vangelo di Giovanni, dove Gesù viene presentato come pane di vita, nella sua parola e nel dono di sé, nell’Eucarestia.


«Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Le parole con cui comincia il Vangelo di questa domenica – parole con cui si concludeva il Vangelo della domenica precedente – sono molto forti e richiamano direttamente le parole della consacrazione, che noi ripetiamo in ogni celebrazione eucaristica: “prendete e mangiate: questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi”.

Il pane dell’Eucarestia è la ‘carne’ di Gesù, da lui stesso donata, offerta, gratuitamente, perché il mondo abbia la vita, perché tutti possano gustare la bellezza e la pienezza della vita.

È un dono grande, l’Eucarestia!

È il dono più grande di Dio, perché in essa Dio ci offre se stesso. La carne di Gesù è la grazia di un Dio che, con immensa tenerezza e dolcezza, si fa ‘a pezzi’ per noi, si mette nelle nostre mani, per amore.

Noi oggi siamo qui per questo. Per questo siamo radunati e convocati qui oggi. Siamo qui, come ogni domenica, a fare memoria di quel dono e ad accoglierlo presente tra noi, per noi.

Questo è ciò che ci caratterizza come cristiani. Siamo convocati a fare memoria viva di questo dono.

Ma sarebbe una gravissima responsabilità se il nostro essere cristiani si limitasse a celebrare l’Eucarestia, senza che questo rito inondasse di grazia la nostra vita, diventando fonte di un modo di agire, uno stile di relazione, un modo di vivere e di scegliere.

Grazie all’Eucarestia che celebriamo, noi siamo chiamati a essere testimoni della gratuità di Dio che ha ‘toccato’ la nostra vita. È dalla sua grazia che scaturisce la nostra gratitudine e questo ‘tocca’ tutte le nostre relazioni e scelte.

Per poter inondare di questa grazia tutta la vita, è bene che noi viviamo l’Eucarestia, la Messa, non come un rito ‘formale’, sempre uguale, come un’abitudine che non tocca la nostra vita.

L’Eucarestia è un banchetto di fratelli, perché è un banchetto di gratuità.

La prima lettura, dal libro dei Proverbi, è una bellissima istruzione, a questo proposito. Certo, il sapiente non parlava dell’Eucarestia, dato che non conosceva Gesù. Però, proprio questo rende ancora più interessante quello che dice.

La sapienza, dice immaginandola come una signora di grande ricchezza, ha costruito una splendida casa, e poi, quasi come una festa per celebrare questa casa, ha imbandito un grande banchetto.

Così, «ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città» perché tutti potessero sentire e perché tutti potessero essere invitati: «Chi è inesperto venga qui!».

 La sapienza invita gli stolti, quelli che non hanno sapienza, al banchetto che ha preparato, alla sua tavola.

È curiosa questa cosa: sì, perché la sapienza invita proprio gli ‘inesperti’, gli stolti, quelli che sono «privi di senno»? Perché non invita i saggi?

Questo ci suggerisce una cosa molto bella: chi si crede saggio, in realtà è uno stolto. Chi crede di sapere tutto, in realtà non sa nulla. È saggio solo chi sa di non sapere, chi sa che la bellezza della vita lo supera infinitamente e quindi sa di non saperne che una briciola.

Così anche per noi, possiamo dire che noi tutti siamo invitati al banchetto dell’Eucarestia non perché siamo migliori degli altri, perché siamo più bravi, perché ce lo meritiamo.

Al contrario, siamo invitati a questo banchetto di grazia per poter fare esperienza di un dono che, poi, possa portare frutto nella nostra fragile vita.

È molto bello che la ‘signora sapienza’, nel libro dei Proverbi, dica proprio così: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato».

Senza sapere nulla dell’Eucarestia, dell’Ultima Cena, il sapiente parla di questo suo banchetto come un invito a gustare il pane e il vino che la sapienza distribuisce gratuitamente a tutti.

In fondo, questo è la sapienza della vita: imparare a gustare la grazia meravigliosa di Dio che è disseminata con abbondanza nella nostra vita,

Questa grazia trova il suo culmine proprio nell’Eucarestia.

Vedete, quando noi andiamo a messa non veniamo certo qui per mangiare e per bere, come se questo fosse un ristorante che ci permette di mangiare e bere cose prelibate, di alta cucina.

Noi, in questo banchetto, ‘gustiamo’ ‘solo’ un po’ di pane azzimo, e, raramente, un po’ di vino. Eppure, nel segno di quel pane e di quel vino è ‘nascosto’ quanto di più prelibato e di più straordinario un uomo possa gustare nella sua vita: è nascosta la carne di Gesù, che muore per noi, per amore gratuito e questo amore diventa ‘pane’ per la nostra vita, diventa cibo, nutrimento, per le nostre fatiche.

I cristiani che vanno a Messa, noi, non siamo certo migliori degli altri, non siamo i ‘perfetti’, quelli che si credono saggi … Noi sappiamo di essere peccatori graziati e amati e ‘saziati’ da quel pane di vita che è Gesù.

Questo ha provocato, da sempre, una certa diffidenza nei confronti dei cristiani.

I Giudei, che finalmente hanno ‘capito’ le parole di Gesù – ma le hanno capite solo in astratto, non come parole rivolte a salvare le loro vite! – obiettano a Gesù, discutendo «aspramente fra loro: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”».

È vero: noi nell’Eucarestia mangiamo la ‘carne’ del Signore, perché quel ‘pane’ è Gesù stesso, nell’atto di offrirsi nella sua morte per noi, è Gesù che muore e risorge, perché quell’atto di perdere la vita è in realtà l’atto in cui Gesù riceve dal Padre il riconoscimento di una vita totalmente donata.

Morendo ci appare tutta la gloria di Gesù, che è la sua resurrezione! Questa è la vita vera!

Il pane che mangiamo ogni giorno ci è necessario, ma non basta.

In quel pane c’è il segno di qualcosa di più grande che noi desideriamo.

L’atto, banalissimo all’apparenza, con cui noi ci sediamo a tavola, ogni giorno, nelle nostre case, ha un valore simbolico che ci parla di qualcos’altro, che noi possiamo scoprire con stupore solo quando ci sediamo a tavola nel banchetto dell’Eucarestia.

La tavola di ogni giorno trova la sua pienezza nella tavola dell’Eucarestia, ma la tavola dell’Eucarestia la comprendiamo solo a partire dalla tavola quotidiana. Nell’atto del mangiare e del bere noi diciamo a noi stessi che non bastiamo a noi, che siamo dipendenti dalla terra, che siamo fragili.

Ed è un atto che, di solito, facciamo con altri, seduti a tavola insieme a noi, per poterci parlare gli uni gli altri, per condividere gioie e fatiche della vita.

Ecco, solo nell’Eucarestia troviamo compimento a ogni nostro desiderio, a ogni nostra attesa.

Solo nell’Eucarestia troviamo forza per affrontare fatiche, difficoltà e prove della vita.

Solo nell’Eucarestia troviamo quella ‘grazia’ che salva la nostra vita dal male e dal peccato.

Perciò, come dice Gesù: «Chi mangia questo pane vivrà in eterno», sì, vivrà per Lui che vive per noi.

Fin d’ora, accostandoci all’Eucarestia, noi gustiamo la grazia di un amore pieno, un amore eterno, che diventa luce e forza per guidare i nostri passi in questa vita.

don Maurizio



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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