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Il dono dello Spirito: una presenza che ci riscatta e ricolma di un amore più grande di ogni dolore, pena e lutto!

penteLa solennità della Pentecoste, che oggi celebriamo, è il culmine, e non soltanto, la conclusione, del tempo pasquale, poiché ne fa parte a pieno titolo! Questo per noi non è tanto facile non solo comprenderlo, ma anche – direi – “percepirlo”, perché per la maggior parte di noi il dono dello Spirito Santo è un illustre sconosciuto.


È proprio un dono.

Lo abbiamo ricevuto quasi senza nemmeno saperlo e in questo senso è proprio ‘gratuitamente sprecato’, da parte di Dio nei nostri confronti.

Non per questo, però, lo Spirito non opera efficacemente in noi. Come dice Paolo, ai Corinzi: «uno solo è Dio, che opera tutto in tutti … e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito». Qui è accennata una bellissima immagine, che collega lo Spirito all’acqua.

Questa metafora richiama il Battesimo, anzitutto, in un senso molto particolare: lo Spirito, nell’acqua, ci disseta, colma la nostra sete, il nostro desiderio di Dio. Egli sazia la nostra aridità, che è come quella della terra che si spacca, perché non è irrigata dall’acqua che la impasta. Così, senza il dono dello Spirito, la nostra umanità si lacera, si frantuma, ‘soffre’, ‘si spacca’.

Lo Spirito ci disseta, invece, e ci rende fecondi, come la terra che, grazie all’acqua, può produrre i fiori, l’erba, le piante, i frutti …

In questo giorno di Pentecoste, la Parola di Dio ci fa compiere una sorta di itinerario, che potremmo condensare in tre parole: Gesù, lo Spirito, la Chiesa.

Questa è la Pentecoste!

Nel Vangelo di Giovanni, c’è una scena molto bella.

È la sera del primo giorno della settimana, la domenica, dunque. Apparendo ai suoi, che stavano rinchiusi in un luogo protetto, rintanati e bloccati dalla paura, Gesù dona loro la pace, per due volte.

Ma il momento culminante del suo ‘stare’ in mezzo è una immagine molto forte. «Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo …”».

Lo Spirito qui è rappresentato come il soffio, il respiro, l’alito di Gesù Risorto. Quel Gesù che, morendo, come dice Giovanni aveva ‘consegnato’ «lo Spirito», ora da Risorto, dona ai suoi discepoli quello «Spirito» che aveva consegnato al Padre e che, il Padre gli aveva ‘ridonato’, in un dono incessante, in un eterno dono di amore, facendolo risorgere da morte, dopo che lui – come tutti gli uomini – aveva sperimentato l’abisso della morte!

Quel ‘soffio’ di Gesù, quel ‘vento’ leggero che esce dal corpo del Risorto, porta a compimento quel ‘soffio’ con il quale il Dio creatore aveva reso un ‘essere vivente’ l’uomo (adam) che aveva plasmato dalla terra, l’argilla (adamà).

Qui davvero la Pasqua di Gesù ci appare come il compimento dell’opera creatrice di Dio, un compimento che passa attraverso il dramma del male e del peccato, una presenza di grazia che ci riscatta dalla paura, dalla chiusura, dal male, dalla violenza, dalla menzogna, ricolmandoci di un amore che è più grande di ogni dolore, pena e lutto!

Lo Spirito ci è dato attraverso il respiro di Gesù ed è lo Spirito che egli ha ricevuto dal Padre, come il Dono dell’Uno all’Altro, il Dono per cui l’Uno e l’Altro sono una cosa sola!

La prima lettura, il famosissimo racconto della Prima Pentecoste, negli Atti, sposta il nostro sguardo sullo Spirito, senza alcuna separazione da Gesù, che per noi è la fonte di questo dono che è lo Spirito.

Ora Gesù non c’è più, è ‘asceso’ al cielo, alla destra del Padre, ma ha promesso ai suoi di attendere «l’adempimento della promessa del Padre».

«All’improvviso», mentre i discepoli sono «tutti insieme nello stesso luogo» – un particolare molto importante perché già ci parla della Chiesa, che ‘conviene’ in uno stesso luogo! – arriva «un vento che si abbatte impetuoso».

Il soffio leggero che esce dal corpo del Risorto ora è diventato un vento impetuoso, un vento gagliardo, diceva l’antica tradizione.

Lo Spirito di Dio può essere l’uno e l’altro: tenero, dolce leggero, soffice e nello stesso tempo forte, potente, energico, efficace. Come il vento, lo Spirito è invisibile e questo lo distingue da Gesù, che si è fatto carne.

Questo Spirito però è il soffio che dà vita, per sempre, alla nostra carne mortale, donandoci la comunione con Dio, Padre e Figlio, nell’eternità infinita e amabile di Dio!

L’altra bellissima immagine dello Spirito è quella del fuoco.

Come l’immagine del vento richiamava Elia, sul Sinai, ma anche Mosè, sul Sinai, e tante altre ‘manifestazioni’ di Dio, così l’immagine del fuoco – lo Spirito come fuoco – rimanda alla bellissima scena di Esodo 3, quando Mosè nel deserto, un giorno, all’improvviso, si trovò dinanzi allo spettacolo meraviglioso di un roveto che bruciava senza consumarsi.

Nella scena degli Atti, non c’è alcun roveto, ma ci sono «lingue come di fuoco» che si dividono e si posano sul capo di ciascuno dei discepoli. È un dono personale, ma è dato a tutti, allo stesso modo, e da un’unica origine, un unico fuoco.

L’immagine – la metafora – del fuoco è tanto ricca e bella. «Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato», così dice una strofa dell’Inno allo Spirito che, oggi, abbiamo proclamato prima del Vangelo.

Lo Spirito, come il fuoco, rende malleabile ciò che altrimenti sarebbe duro e si spezzerebbe, se sottoposto a un peso che non può portare.

Lo Spirito è capacità, per chi lo riceve, di dolcezza, non di rigidità.

Lo Spirito è ‘calore’, è caldo che fa circolare la vita al di là del ‘gelido’ della morte. Questo ‘calore’ è una capacità di vivere secondo l’affetto di Dio, che ci è vicino, che sente con noi, che ci è prossimo.

Lo Spirito è forza che raddrizza il nostro cammino. Quando perdiamo la strada, l’orizzonte, quando ci smarriamo e, nella vita, diventiamo come sbandati, che vagano errabondi, ecco il fuoco dello Spirito è luce che ci orienta e illumina!

Siamo così già al terzo passaggio, passo che ci fa compiere oggi, in questa solennità della Pentecoste, la Parola di Dio: la Chiesa!

Lo Spirito agisce in noi. È Lui che agisce, ma siamo noi che agiamo.

Lo Spirito non costringe. ‘Anima’ dall’interno, proprio come fa il respiro ‘da dentro’ il corpo, animandolo. «Vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti». È Lui che opera nelle nostre attività. Nel nostro agire, se ci affidiamo a questa Parola, ‘abita’ la grazia sovrabbondante del Dono.

Paolo parla di diversi «carismi», dell’unico Spirito. Egli dice che questi ‘carismi’-doni, sono «ministeri» e cioè servizi: «a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune».

Questa è la Chiesa: un grande corpo, in cui, grazie al soffio dello Spirito, ciascuna parte, mentre svolge il suo compito specifico, lavora per il bene del tutto. La Chiesa è questa ‘sinfonia’ del corpo abitato e animato dal Dono sovrabbondante e grazioso.

Capite bene come questo chiede a noi di accogliere con umiltà il dono che abbiamo ricevuto, perché diventi un ministero, un servizio per tutti gli altri.

Non ci dovrebbero essere, nella Chiesa, prepotenza, arroganza, presunzione, orgoglio, divisioni, faziosità, incomprensioni, egoismi, chiusure, meschinità, odiosi confronti, intolleranze …

Laddove ci fossero, a motivo delle nostre debolezze e fatiche, dovremmo lasciare che lo Spirito pieghi, scaldi, raddrizzi.

Gli Atti rappresentano questa ‘comunione’ nella parola degli Apostoli che, mentre parlano la propria lingua, viene compresa dagli stranieri radunati a Gerusalemme, per la Pentecoste ebraica.

Ognuno parla la ‘propria’ lingua, ma ciascuno «sente» l’altro «parlare nella propria lingua».

La ricchezza di ciascuno non è abolita ma, nella comunione, diventa la ricchezza della differenza.

don Maurizio



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