Salta al contenuto Skip to sidebar Skip to footer

La presenza di Gesù ci trasforma e ci fa passare dalla paura alla gioia.

Il Vangelo di oggi ci racconta di Gesù e dei discepoli. La prima e la seconda lettura ci parlano dei discepoli e di Gesù. Non sapremmo nulla di Gesù se non ce lo avessero annunciato i suoi discepoli, ma questi non annunciano se stessi, perché sono testimoni di un Altro, il loro Signore.

La Chiesa è questo: esiste, vive, per la sua testimonianza di Gesù.

Partiamo dalla Parola evangelica.

È la sera del primo giorno della settimana, il primo giorno dopo il sabato. La mattina presto, Maria di Magdala era corsa al sepolcro e l’aveva trovato vuoto. Poi Gesù le era apparso. Ma ai discepoli Gesù non si era ancora manifestato.

Pietro e l’altro discepolo, «quello che Gesù amava», erano stati al sepolcro e l’avevano trovato vuoto, ma Gesù non lo avevano ancora visto.

Il racconto di questo Vangelo si riferisce alla sera di quello stesso giorno. È il racconto della prima manifestazione di Gesù ai suoi.

Ci sono, in questa scena, alcuni tratti molto caratteristici.

I discepoli sono in un «luogo» le cui porte sono scrupolosamente chiuse, «per timore dei Giudei». Questo dice il clima, lo stato d’animo dei discepoli di Gesù.

Hanno paura. Non sanno che cosa li aspetta. Gesù è morto, crocifisso, da pochi giorni. Forse, hanno paura di fare la stessa fine del loro maestro. Forse, sono solo spaventati e disorientati. Forse si sentono in colpa, per aver abbandonato Gesù.

Certo, Maria di Magdala aveva detto loro di aver visto il Signore … ma che cosa potevano pensare in quei momenti di confusione?

Non dobbiamo sorvolare troppo velocemente sui sentimenti e sui pensieri dei discepoli. La situazione era davvero difficile.

In fondo, non è tanto diversa nemmeno la nostra situazione, oggi. Anche noi viviamo un tempo difficile per la Chiesa. È un tempo, per molti, di smarrimento, di confusione, di incertezza. È un tempo di transizione, di passaggio, per molte cose.

Forse, la più importante, da cui derivano tutte le altre, è la crisi della fede nel mondo occidentale.

Siamo passati da un mondo che, a parole, si diceva cristiano e in cui tutti professavano la fede in Gesù, a un mondo in cui credere non è affatto scontato. La fede in Gesù è diventata una scelta opzionale, facoltativa, non di tutti.

A questo cambiamento ciascuno di noi reagisce a modo suo: qualcuno si irrigidisce, si difende, condanna; qualcun altro si adatta, magari si lascia andare, pian piano si lascia assorbire dalla mentalità e dallo stile di vita di tutti e dimentica la sua fede.

Ma che cosa accade ai discepoli, nel Vangelo?

Gesù arriva all’improvviso, nel mezzo delle loro paure e incertezze: «venne Gesù, stette in mezzo… !».

È un evento improvviso, la sua venuta.

Gesù si presenta in modo imprevedibile, «a porte chiuse», dice il Vangelo poco dopo. Gesù non arriva bussando, pian piano, chiedendo permesso. Il suo corpo di risorto sfugge alle leggi dei corpi. ‘Buca’ i muri.

Eppure si vede. È ben visibile: «stette». Non scompare pochi istanti dopo. Rimane con i suoi.

E parla: «Pace a voi!».  È il suo saluto tipico.

In questo Vangelo è ripetuto tre volte.

Non c’è nessun’altra parola di presentazione. Semplicemente, questa è una parola, molto più che di saluto, di dono: è il dono della pace messianica, annunciata dai profeti.

È l’annuncio della pace, dopo la tempesta. È la pace che annuncia una speranza per quei discepoli. Per tutta l’umanità!

Per confermare di essere proprio Lui, nel suo corpo proprio, ancor prima di qualsiasi dubbio dei discepoli, Gesù mostra ai suoi «le mani e il fianco».

Il crocifisso è proprio lì, davanti a loro. Porta nel suo corpo i segni della passione, cioè i segni del suo amore appassionato per noi!

È la presenza di Gesù che trasforma i discepoli. Li fa passare dalla paura alla gioia. È la Pasqua: il passaggio!

E i discepoli gioiscono al vedere il Signore.

Questo è un bell’insegnamento anche per noi. Come uscire dalla paura, dalle nostre incertezze, dalle nostre confusioni, dai nostri sbandamenti, se non riconoscendo che Egli, Gesù, è ancora vivo, oggi, tra noi?

È l’esperienza personale della sua presenza che ci fa ‘passare’ – Pasqua! – dalla paura alla gioia!

La gioia non ce la diamo da noi stessi, ragionando o riflettendo.

La gioia è un sentimento che nasce in risposta alla presenza di Gesù!

Subito dopo, Gesù manda i suoi: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». La gioia del discepolo diventa, subito, testimonianza, da condividere, da annunciare.

Per questo la prima lettura, dagli Atti degli apostoli, descrive, con sguardo stupito e affascinato, il ‘clima’ spirituale della prima comunità, l’inizio della Chiesa: «erano … un cuore solo e un’anima sola».

Erano un corpo unito.

Si aiutavano e si sostenevano reciprocamente, anche mettendo in comune i loro beni. E li distribuivano a ciascuno secondo i loro bisogni.

In fondo, qui è descritto, nella pratica, quanto dice il Vangelo di Giovanni. I primi cristiani vivevano tra loro come «figli di Dio». Per questo si amavano reciprocamente, per loro non era un obbligo gravoso osservare il comandamento dell’amore.

L’amore non è un obbligo. È anzitutto un dono. Diventa un impegno perché è un dono.

Gesù stesso, nel Vangelo di Giovanni, subito dopo aver detto ai suoi che li manda, come e perché il Padre ha mandato Lui, soffiando su di loro, in modo simbolico e ‘creatore’, dona loro lo Spirito: «Ricevete lo Spirito Santo».

Ecco che cos’è lo Spirito: è il soffio di Gesù, è la vita di Gesù, è la grazia di Dio che diventa un soffio vitale. Senza soffio, senza respiro, non c’è vita,

Il credente è uno che, nei suoi polmoni, respira il dono di Dio, si lascia animare da questo Amore grazioso che è lo Spirito Santo.

Questo è Spirito di perdono, e per questo, di pace.

È un perdono che si diffonde: i discepoli lo ricevono e per questo lo possono ridonare, nel nome di Gesù: «a coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati». Ma ci saranno anche coloro che non riceveranno questo perdono, questa grazia, questa pace, perché rifiuteranno il dono di Dio.

A questo aspetto ‘drammatico’ fa riferimento la seconda parte del racconto del Vangelo odierno.

«Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù». E Tommaso si rifiuta di credere alla testimonianza degli altri, che gli dicono: «Abbiamo visto il Signore!».

Tommaso vuole vedere e toccare lui, in prima persona.

È vero, noi ci sentiamo, molto spesso, tanto simili a Tommaso. Quando abbiamo dei dubbi su Gesù, in fondo, facciamo un po’ come Tommaso. Ci diciamo: noi non abbiamo visto, non abbiamo toccato.

Alla conclusione del Vangelo di oggi, l’autore scrive che Gesù, nella sua vita, ha fatto «molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro». Molte cose di quello che Lui ha fatto, e detto, non sono scritte nel Vangelo di Giovanni e in tutti gli altri.

Quello che è stato scritto, però, è una testimonianza: «perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome».

Anche se non abbiamo visto e toccato, noi possiamo credere grazie alla testimonianza di chi ha potuto vedere e magari toccare.

Così fu anche per Tommaso, alla fine …

Quando Gesù, dopo otto giorni, sempre di domenica, sta’ in mezzo ai Dodici, i suoi discepoli, si rivolge, subito, direttamente a Tommaso e lo invita a mettere il dito e a tendere la mano: a «non essere incredulo, ma credente!».

È questa la vera Pasqua:

passare dall’incredulità alla fede,

dal sospetto all’abbandono,

dalla paura alla gioia,

dalla divisione alla comunione, alla pace!

don Maurizio



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


Sostieni anche tu questa nostra testimonianza e specifica missione, Dona ora
inserendo la causale "sostegno vocazione all’accoglienza familiare"..

Lascia un commento