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L’amore di Gesù non conosce limiti, il suo criterio è il dono.

La generosità, l’abbondanza di Dio, tante volte possono disorientarci, così come Gesù disorientava i suoi contemporanei: “Ma come! mangia con i pubblicani e i peccatori?” si chiedevano scandalizzati. Allo stesso modo i lavoratori della prima ora non capiscono questa generosità, ne chiedono spiegazione!


Si può intendere la fede come questi lavoratori di cui parla Gesù nel Vangelo di questa domenica: con una mentalità economica, in fondo mondana. Si può stare nella Chiesa, lavorare nella vigna del Vangelo di Matteo, con questa mentalità, con l’atteggiamento di chi svolge un lavoro, un dovere faticoso e che merita dunque la ‘giusta retribuzione’. Tanta fatica va ricompensata, chi ha più servito deve ricevere di più! Mentre chi non fatica come me, che abbia di meno, che non abbia la mia ricompensa!

Tante volte ci possiamo trovare con questo spirito di ‘pretesa’ davanti al Signore, come se facessimo le cose di Dio per essere considerati meritevoli, migliori degli altri. E’ uno spirito di contesa che nulla ha a che vedere con la fede, non fa parte della logica di Dio, perché tutto è Grazia, a cominciare proprio dal dono della Fede.

Il Signore non ragiona così! “Molti degli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”, conclude Gesù nel Vangelo, perché non si ricompensa la fatica, ma la risposta ai doni di Grazia che Lui concede.

Ad ogni uomo Dio infatti concede nella sua vita delle Grazie: forse a te ne sono state date tante, ma a quante hai risposto veramente? Quel fratello che tu stai giudicando, che ritieni lontano dalla Salvezza, ne ha ricevuta una sola, ma a quella ha detto sì, l’ha accolta come i lavoratori dell’ultima ora, che non hanno nessuna colpa dall’essere stati chiamati per ultimi. Perché per ognuno c’è un tempo diverso di chiamata, con una stessa ricompensa: la paga di quello che è necessario per vivere, cioè per ricevere la Vita.

Il Signore non esclude nessuno. C’è chi viene chiamato da bambino, chi già da adulto, magari dopo aver trascorso una vita di lontananza e di sbagli: ma per tutti c’è la stessa ricompensa. Quel denaro che rappresenta la vita.

Ecco perché col Signore non contano le raccomandazioni, le conoscenze e non è necessario scendere a compromessi con noi stessi per essere davanti agli altri, per ricevere di più e poter dominare sugli altri; per Lui conta il cuore, il desiderio di lavorare nella Sua vigna, che hanno tutti i lavoratori che stanno aspettando la Sua chiamata, perché tutti gli uomini, anche quelli che sembrano lontani dalla fede, stanno in fondo cercando la vita ‘vera’

Chi non ha ancora conosciuto questa gratuità dell’Amore di Dio, non ha conosciuto Gesù. Non comprende questa generosità, questo amore che non guarda alla legge e alla giustizia: nessuno di noi lo merita davvero, e quindi lo può riceve solo come un dono.

Per questo la ricompensa è uguale per tutti e nessuno è meglio degli altri: la paga del padrone rappresenta infatti la gioia che abbiamo nel servire il Signore, gioia che va protetta dalla tentazione, mondana, dell’esser migliore di altri, perché, come disse un giorno Madre Teresa di Calcutta, “Nel momento in cui Dio ci giudicherà, lui non chiederà, “Quante cose buone hai fatto nella tua vita?”, piuttosto chiederà, “Quanto amore hai messo in quello che hai fatto?”.

don Antonio



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