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L’opera di Dio nella nostra vita: Grazia feconda!

Soltanto ieri abbiamo celebrato la solennità dell’Epifania e oggi, prima domenica successiva, ricordiamo la festa del Battesimo del Signore, con la quale si chiude il tempo del Natale e si apre, nella liturgia, il tempo ordinario, fino all’inizio della Quaresima.

Ieri abbiamo ascoltato, appena dopo il Vangelo, la scansione temporale dell’anno liturgico che viene.

La festa del Battesimo di Gesù è il culmine della sua manifestazione e quindi della sua Epifania. Per questo il Battesimo del Signore conclude il ciclo natalizio: quel Gesù che viene tra noi, adorato dai Magi al termine di un tempo lungo di nascondimento, più di trent’anni, di cui non sappiamo praticamente nulla, ad un certo punto ‘esce’ da questo silenzio, per lasciarsi ‘battezzare’ da Giovanni Battista.

Il Vangelo di Marco racconta questo episodio con pochi, ma significativi tratti di luce.

Mentre Giovanni proclama, ad alta voce, che, dopo di lui viene uno «più forte» di lui, al quale lui non è nemmeno degno di fare meno che il servo, chinandosi a «slegare i lacci dei suoi sandali», uno che «battezzerà in Spirito Santo», proprio in questo contesto, così solenne, con grande semplicità Marco dice: «ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni».

Gesù si mette in fila, si mette in coda, in mezzo a tutti coloro che vanno da Giovanni per esprimere, con un gesto simbolico, il loro desiderio di conversione e di cambiamento di vita.

Gesù non ne aveva certamente bisogno. E perché allora lo fa?

Qui vediamo proprio la logica’ del Natale, e poi dell’Epifania.

Il Verbo di Dio, la sua Parola stessa, entra nella storia e si fa uno di noi, uguale a noi in tutto. Non si distingue da noi in nulla, perché fa tutto quello che faceva un uomo ebreo, un bambino, di quel tempo.

Così, da uomo profondamente religioso, compie il gesto ‘rituale’ del Battesimo di Giovanni. È un gesto non solo di conversione, ma soprattutto di adesione al Signore.

Eppure, proprio in quel momento lì, si manifesta tutta la grandezza, la ‘trascendenza’ divina di Gesù. In quest’uomo, apparentemente, ma realmente, come noi, c’è – anche – altro da noi.

Marco dice che è Gesù stesso che vede «squarciarsi i cieli» e discendere lo Spirito «verso di Lui» e subito dopo lascia intendere (forse) che tutti sentono «una voce dal cielo». Non è la voce di Giovanni, è una voce altra, divina.

Ascoltando quello che dice noi comprendiamo di chi è ‘voce’: chi parla è il Padre, che qui si rivela come il Padre di quest’uomo, che è il suo Figlio stesso.

Quella voce viene dal cielo squarciato, per lasciare discendere lo Spirito, nel simbolo della colomba.

Questa, la colomba, richiama il primo giorno dopo la cessazione del diluvio universale quando Noè aveva visto tornare nell’arca la colomba che aveva inviato, con un ramoscello di ulivo.

Come in quel tempo, oggi, in Gesù è come se iniziasse una nuova creazione: le acque, la colomba, ma soprattutto la voce dal cielo.

La Trinità di Dio si rivela ed è coinvolta nella storia di quell’uomo, Gesù.

Perciò il Battesimo inaugura la sua vita pubblica, segna l’inizio di un tempo nuovo nella storia di Gesù stesso!

Il Vangelo di Marco, che leggeremo lungo tutto quest’anno liturgico, ci accompagnerà nella rinnovata e progressiva scoperta di ciò che è quest’uomo.

Per questo motivo, la festa del Battesimo di Gesù è anche la prima domenica del tempo ordinario.

Gesù, la sua parola, i gesti e le opere che egli ha compiuto sono sempre da riascoltare e da scoprire di nuovo.

Mi capita spesso di sentire dire da qualche (buon) cristiano che lui sa già tutto di Gesù, che a Messa – e anche all’omelia – dobbiamo fare le cose veloci, perché tanto non c’è mai niente di nuovo.

Certo, la celebrazione dell’Eucarestia è un rito e dunque, nella sua struttura, non cambia, perché non è disponibile, non può essere trasformata a nostro piacimento e a nostro uso e consumo.

Però la Parola di Dio che noi ascoltiamo chiede da noi un ascolto sempre più profondo. È molto importante comprendere e gustare questa Parola come qualcosa di vivo, che mette in comunicazione il Dio vivo di Gesù con la nostra storia quotidiana, di oggi.

Nel Vangelo di questa domenica Giovanni dice che lui battezza con acqua e che, invece, quell’uomo «più forte» che viene dopo di Lui, Gesù, «battezzerà in Spirito Santo».

Apparentemente, in questo racconto, Gesù non battezza, ma viene battezzato. Ma quel che egli ha ricevuto è solo il battesimo con l’acqua. In realtà, con questo gesto, e con la parola di Giovanni che lo accompagna, ci è rivelato che d’ora in poi sarà Gesù a battezzare.

In effetti, questo è il sacramento del Battesimo.

Noi vediamo che c’è qualcuno che battezza ed è generalmente, ma non necessariamente, un prete, perché potrebbe essere un cristiano qualsiasi o addirittura anche un non credente, se compie quel gesto sacramentale con l’intenzione della chiesa!

Dunque, dietro e dentro chi battezza, in realtà, c’è Gesù stesso. È in Lui e da Lui che noi siamo stati tutti battezzati, «in Spirito Santo».

Nella seconda lettura, l’apostolo Giovanni dice che Gesù «è venuto con acqua e sangue», e che «è lo Spirito che dà testimonianza».

Dunque, dice questo apostolo, «tre sono quelli che danno testimonianza» di Gesù: «lo Spirito, l’acqua e il sangue».

L’acqua ricorda il Battesimo, il sangue la morte di Gesù e quindi l’Eucarestia, che è la memoria del Crocefisso Risorto, e lo Spirito è colui grazie al quale oggi, nella Chiesa è Gesù stesso che agisce quando celebrano i sacerdoti nel suo nome.

Noi tutti, dunque, siamo stati battezzati con acqua e Spirito Santo.

Oggi è bello, e necessario, che ciascuno ricordi il suo Battesimo, e il giorno – esatto! – del suo Battesimo. È un giorno importante, decisivo, altrettanto importante del giorno della nostra nascita.

Perché, il nostro è tanto importante da ricordare, perfino da festeggiare?

Anche se noi non ne ricordiamo nulla, esattamente come per il giorno della nostra nascita, nel giorno del Battesimo, per ciascuno di noi, è accaduto un ‘nuovo inizio’.

Che cosa ci è accaduto quel giorno?

Il rischio è di dimenticarlo.

Ancora l’apostolo Giovanni ci aiuta a comprendere che cosa ‘accade’ nel Battesimo: «chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio».

Certo, ciascuno di noi è stato generato dai suoi genitori.

Ma quando proprio loro ci hanno portato in chiesa perché fossimo battezzati, con quel gesto sacramentale noi siamo stati generati da Dio. Siamo divenuti ‘figli’ di Dio. Portandoci al sacramento, lasciandoci immergere nell’acqua e nello Spirito, i nostri genitori hanno fatto sì che ciascuno di noi non fosse solo figlio loro, ma figlio di Dio. “Non è solo un figlio, d’ora in poi sarà figlio di Dio”, in Gesù, con Gesù, grazie a Gesù. Come lui noi possiamo Dio nostro Padre!

L’acqua nel Battesimo, è con la sua potenza simbolo dell’opera di Dio, nello Spirito di Gesù.

Qui è bellissima la prima lettura, che è la conclusione del ‘secondo Isaia’.

È un testo che descrive bene ciò di cui l’acqua è simbolo. È diviso in tre parti.

La prima comincia così: «O voi tutti assetati, venite all’acqua». E poi il profeta all’acqua aggiunge il vino, il latte e il pane.

Gratuitamente Dio ci offre tutto questo, perché egli è nostro alleato.

L’acqua è ciò che sazia la nostra sete. La sete è figura del desiderio.

Nel Battesimo, con l’acqua, Dio ci sazia con la gratuità del suo amore, con la grazia della sua alleanza, che è per tutti.

La seconda parte di questo testo straordinario è un invito a cercare «il Signore, mentre si fa trovare»: è un invito a scoprire la sua misericordia, «che largamente perdona» e supera, va al di là dei nostri pensieri e delle nostre vie.

Dio ci sorprende sempre.

La terza parte di questo testo è una meravigliosa descrizione di ciò che compie l’acqua – la pioggia o la neve – quando scende dal cielo: essa non ritorna in cielo (evaporando!) «senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare», perché essa possa «dare il seme» al seminatore e «il pane a chi mangia».

L’acqua, con la sua potenza graziosa, mentre scompare nella terra, in realtà la feconda, la rende fruttuosa.

Così è l’opera di Dio nella nostra vita: Grazia feconda!   

don Maurizio



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