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“Non opporti al malvagio”: i sei esempi di Gesù

Immagine per omelia don Maurizio VII TOIl Vangelo di questa domenica è una pagina famosa e molto bella, come anche le altre due letture di questa Parola di Dio: la prima, dal libro del Levitico, e la seconda, dalla prima lettera di Paolo ai Corinzi.


Bellissimo l’inizio di questa seconda lettura: non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?”.  Come dice Paolo, è così facile dimenticare che noi siamo tempio di Dio, perché lo Spirito abita in noi!

Questa presenza però non è una garanzia assicurata una volta per tutte: al contrario, è un dono che può anche essere perduto.

Quando uno “si crede un sapiente”, uno che sa tutto, uno che pretende di essere il criterio e la misura di ogni cosa, lui, allora perde lo Spirito di Dio, diventa come uno che pone “il suo vanto” in se stesso, e diventa uno stolto!

In questa luce, accostiamoci a questo splendido Vangelo.

È la conclusione delle cosiddette antitesi. Matteo ne raccoglie sei, in questo primo discorso di Gesù.

Le prime quattro le abbiamo ascoltate nel Vangelo della scorsa domenica. Oggi sono state proclamate la quinta e la sesta, che sono strettamente collegate alla prima. “Non ucciderai, è stato detto …”, proclamava questa prima ‘antitesi’, “ma io vi dico…”. Gesù non fa polemiche contro la Legge, non si oppone ad essa, non la abolisce. No: la porta a pieno compimento.

Riprendendo il discorso sul rapporto tra me e l’altro, la quinta parola di Gesù dice: “Avete inteso che fu detto: ‘Occhio per occhio e dente per dente’”.

È la cosiddetta ‘legge del taglione’. Questa legge, nell’Antico Testamento, non era affatto una legge barbara e incivile, come spesso, con grande ingenuità, noi pensiamo: “Occhio per occhio e dente per dente, bruciatura per bruciatura, livido per livido …”, diceva questa legge. È una legge civile, quella del taglione, rigorosamente giusta. Non è affatto una legge di vendetta. La vendetta infatti è un regolamento di conti privato e sproporzionato. Se uno mi fa uno sgarbo, nella vendetta io stesso glielo restituisco, magari decuplicato.

Qui non è così: la legge del taglione stabilisce una pena proporzionata e giusta rispetto al male compiuto.

E Gesù cosa dice?

Non abolisce certo la giustizia della legge civile, che – giustamente! – deve fare il suo corso.

Gesù, invece, svela che nei rapporti umani, anche nei rapporti giuridici, c’è in gioco qualcosa di più profondo. C’è in gioco la qualità etica della nostra umanità.

Ma io vi dico di non opporvi al malvagio”.

Sorprendente, questa Parola di Gesù, fondata esclusivamente sulla sua autorità. Perché è evidente che Gesù non dà alcun perché, non dà alcuna ‘motivazione’ a questa parola. La parola di Gesù ha una autorevolezza unica, divina. Lui è il Signore e il Maestro!

Non opporvi al malvagio”, che cosa significa?

È sottinteso, mi pare evidente: “non opporti al malvagio facendoti anche tu malvagio, mettendoti sul suo stesso piano, rispondendogli con un’azione uguale e corrispondente alla sua”.

Gesù poi fa sei esempi, tratti dalla vita quotidiana.

Il più famoso, anche più provocatorio, è il primo: “anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra…”. Quante volte abbiamo interpretato questa parola di Gesù in modo ridicolo, prendendola ‘alla lettera’ e senza capirne il valore provocatorio, paradossale, iperbolico, volutamente esagerato! Come quando diciamo a qualcuno: “ti ho già detto cinquantamila volte questa cosa…” Non è che abbiamo contato cinquantamila volte. Il numero, volutamente esagerato, segnala una cosa semplicissima: “avresti già dovuto capirlo!”.

Del resto, chi di noi, al proprio figlio che gli diceva: “mi hanno pestato i piedi”, ha mai detto: ”fatti pestare anche l’altro”? O chi di noi, se subisce un furto, la volta dopo, fa trovare la porta aperta al ladro?

Gesù stesso, nella passione, al soldato che l’ha percosso sulla guancia, non ha offerto l’altra, ma ha risposto: «se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?» (Gv 18,23). Formidabile risposta, questa; Gesù si è opposto al malvagio, ha resistito, ma non con lo stile del malvagio, bensì con la bellezza di una risposta limpida, che sorprende l’altro, che lo mette con chiarezza davanti al male compiuto, perché l’altro possa ascoltare, comprendere, convertirsi, se vuole.

Ecco, a questo ci invita Gesù: a non limitarci ad applicare una legge giuridica, a non rispondere al malvagio ponendoci sul suo piano.

Ci invita ad essere creativi, capaci di trovare parole e gesti che sorprendano l’altro, ponendolo davanti all’evidenza del male compiuto e mostrandogli una nuova possibilità di relazione.

La forza straordinaria di questa Parola appare nell’ultima delle cosiddette ‘antitesi’. Se tra gli ebrei c’era qualcuno che, oltre ad amare il tuo ‘prossimo’, come dice la prima lettura dal libro del Levitico, diceva “odierai il tuo nemico” », Gesù invece dice: «amate i vostri nemici».

È una parola formidabile, tipica dello stile di Gesù, unica e illuminante.

Gesù certo non ‘legittima’ l’esistenza dei nemici. Tutti sappiamo, purtroppo, che la terra è piena di inimicizie. Molte volte, i rapporti umani sono segnati dall’odio. Chi è il nemico?

Non è necessariamente uno che ci fa la guerra con la spada o il fucile. Nemico è il prossimo che ci fa del male, a volte anche molto sottile e nascosto. Lo capiamo bene, tutti noi abbiamo ‘nemici’. Li ha avuti Gesù stesso! E anche noi, a volte, ci comportiamo verso l’altro come un nemico.

Il nemico è il prossimo che non vorremmo mai avere!

Ebbene, che cosa dice Gesù? Di ‘amare’ il nemico.

Ma non è facile sapere che cosa voglia dire ‘amare i propri nemici’. L’esempio, l’unico che è enunciato da Gesù, è: «pregate per quelli che vi perseguitano». È un’esperienza che avevano fatto anche i primi cristiani: perseguitati, da subito, da chi non accettava la testimonianza di Gesù, come non aveva accettato Gesù stesso!

Se uno è disposto a pregare per il suo ‘nemico’, che non per questo diventa suo ‘amico’, allora è uno che ‘ama’ il suo nemico.

La preghiera per chi ci fa del male è il segno più evidente dell’amore.

Ma ciò che è più illuminante è il ‘perché’ della richiesta di Gesù: «affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti».

Ecco la vera ‘ragione’ dell’amore verso il nemico: Dio è grazia assoluta!

Indistintamente, e in modo sovrabbondante, Dio elargisce i suoi benefici, i suoi favori, i suoi doni, su tutti, a prescindere dal merito.

Ecco: Gesù ci chiede di testimoniare agli altri, anche al nemico, la grazia che abbiamo ricevuto dal Padre.

Ci chiede di essere ‘figli’ ‘grati’, capaci di non restituire ai nostri fratelli la stessa moneta (di male) che abbiamo ricevuto, ma non perché siamo ‘migliori’ di loro. Gesù ci chiede di uscire dalla logica ‘retributiva’ – Mi saluti? Ti saluto! Non mi saluti? Non ti saluto! – non perché siamo migliori dell’altro (infatti non lo siamo!) ma per essere testimoni, per l’altro, di quella misericordia di cui siamo stati noi per primi ‘oggetto’ da parte di Dio.

La ‘perfezione’ («dunque, siate perfetti») sta nella fantasia della misericordia: la fantasia di chi, nel suo piccolo, testimonia al fratello la misericordia di Dio, che lui per primo ha ottenuto per grazia!



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