Salta al contenuto Skip to sidebar Skip to footer

(No)strane vie per diventare genitori/5. Tra famiglia e ideologia con leggi ignorate.

moia-lucianoTra i diversi contributi pubblicati in questi giorni a lettura e commento della sentenza della Corte d’appello di Trento, molti dei quali sinteticamente richiamati anche in altri articoli pubblicati sul nostro sito, riproponiamo l’interessante testo di Luciano Moia pubblicato sul quotidiano Avvenire il 2 marzo u.s..


Ma è famiglia o ideologia? Ben quattro leggi ignorate.

La sentenza dei luoghi comuni, del politicamente corretto, delle affermazioni non dimostrate e non dimostrabili. È davvero un manuale articolato della “genitorialità a tutti i costi”, discutibile e ondivago, il testo con cui i giudici della Corte d’appello di Trento motivano la decisione di concedere la responsabilità genitoriale al partner di un omosessuale che ha acquistato due figli in Canada con la deprecabile pratica dell’utero in affitto.

Discutibile perché, nel tentativo di giustificare la sentenza, i magistrati sembrano ignorare o interpretare in modo contestabile quattro leggi del nostro ordinamento: il divieto che riguarda la maternità surrogata, la legge 40 (che impedisce a persone dello stesso sesso di accedere alle pratiche di fecondazione assistita), la legge 184 sulle adozioni (compreso l’articolo 44 che disciplina le cosiddette adozioni speciali) e la recente legge sulle unioni civili che, contrariamente a quanto si vorrebbe far credere, “non” ammette la stepchild adoption, cioè l’adozione del figlio del partner.

Ondivago perché fa ricorso più volte all’abusata e ormai squalificata dizione di “superiore interesse del minore” – tutta da verificare – ma poi assegna la prevalenza al concetto del desiderio di “comune genitorialità” dei due partner omosessuali, così che i desideri degli adulti finiscono con l’essere più rilevanti delle reali esigenze dei minori. Nelle venti pagine depositate i giudici di Trento ci dicono in sostanza che la volontà di due partner omosessuali di voler essere “genitori a tutti i costi” deve avere più rilevanza di un impegno educativo che – al di là di qualsiasi lettura ideologica – dev’essere fondato su garanzie e certezze nel riferimento simbolico della differenza sessuale che, evidentemente, solo un papà uomo e una mamma donna possono garantire. E non ci sono né riferimenti scientifici condivisi né in alcun modo dati esperienziali sicuri per affermare il contrario.

Ma i giudici si tengono alla larga dal dirimere la questione – anche perché sarebbe impossibile – veleggiando tra una serie sorprendente di sofismi giuridici e di neologismi antropologici. Pare un sofisma, per esempio, affermare che i genitori possono essere dello stesso sesso, visto che non si trovano nel nostro ordinamento disposizioni che stabiliscono «che i due genitori dello stesso figlio debbono essere di genere diverso e comunque non rilevando» che il fatto costituisca violazione dell’ordine pubblico. È sembra un sofisma affermare l’impossibilità di decidere diversamente da parte della giustizia italiana, visto che i due partner avevano rispettato la legge canadese, in particolare quella sulla cosiddetta “gestazione per terzi”. E quella legge recita che «era stato riconosciuto che la gestante non era genitore dei gemelli e che padre e unico genitore» era invece l’uomo che aveva acquistato a caro prezzo quel grembo. Non solo, con un secondo provvedimento giudiziale, «era stata riconosciuta la cogenitorialità» dell’altro uomo. Insomma, i giudici hanno preso atto, avallandone la correttezza, che bastano alcune decine di migliaia di euro per calpestare l’inoppugnabilità della biologia – una madre che porta avanti la gravidanza e partorisce “non è genitore” – a favore dell’ideologia che trasforma un partner omosessuale in “secondo padre”.

E pare arbitrario anche il ragionamento con cui i giudici arrivano a giustificare l’adozione di un figlio da parte del partner omosessuale del padre. È vero, ammettono che la legge 76 del 2016 – unioni civili – non lo permette, ma la giurisprudenza ritiene ormai «estensibile a persone unite in rapporto familiare omosessuale» questa ipotesi.

Conclusione: «la soluzione rappresenta nel presente momento storico, l’equilibrio più avanzato raggiunto dell’ordinamento tra i vari orientamenti sociali e culturali». Ma di quale cultura si parla? Di quella che considera “primario interesse del minore” avere due padri perché, in caso contrario, sarebbe lesa l’identità familiare? I giudici di Trento sanno che in Commissione giustizia del Senato c’è in discussione la legge sul “riconoscimento delle origini biologiche” (già approvata dalla Camera)? Cosa diremo ai due fratellini di sei anni quando da grandi vorranno davvero ricomporre la loro identità familiare, cercando quella mamma che non hanno mai avuto? Dovremmo inventare una legge sul “divieto del riconoscimento delle origini biologiche” per impedirglielo?

Fonte: Avvenire.



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


Sostieni anche tu questa nostra testimonianza e specifica missione, Dona ora
inserendo la causale "sostegno vocazione all’accoglienza familiare"..

Lascia un commento