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Ogni vita cristiana è vocazione. La nostra vita diventi testimonianza vivente della voce di Gesù.

buon pastoreOggi, in tutte le chiese, si celebra la cinquantaquattresima giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, con il titolo: ‘Sospinti dallo Spirito per la missione’.


Papa Francesco scrive, nel suo messaggio: “tutti i cristiani sono costituiti missionari del Vangelo!”. Certo, in questa giornata, tradizionalmente, si ricordano soprattutto le vocazioni alla vita consacrata e le vocazioni al sacerdozio. Ma questa preghiera speciale non ci deve assolutamente far dimenticare che, molto più radicalmente, ogni vita cristiana è vocazione.

In un contesto post-cristiano, come l’attuale, il grande rischio è che i cristiani, ogni cristiano, dimentichino questa verità elementare: la mia vita di credente è la risposta ad un appello, una voce. È vocazione – che appunto deriva da ‘voce’.

Il rischio è che noi pensiamo alla nostra vita come ad un progetto che nasce da noi stessi, come se noi potessimo essere gli architetti e i progettatori della nostra vita! Non è così!

Certo, ciascuno di noi ha un progetto di vita, ma questo ‘progetto’ è una risposta. Tutto nella nostra vita è una risposta. Pensate, ad esempio, a come impariamo a parlare: impariamo rispondendo. Siamo capaci di parlare perché qualcuno – la mamma, il papà – si è chinato su di noi, chiamandoci per nome, perché imparassimo a rispondere.

Ecco, noi oggi corriamo il rischio di ubriacarci delle nostre scoperte, delle nostre possibilità, dimenticando che all’origine di noi stessi c’è una ‘vocazione’, c’è una voce che chiama.

Questa verità profonda, che vale per tutti gli uomini, trova il suo compimento nella vocazione cristiana, nella nostra relazione con il Dio di Gesù, con il Dio che si è fatto carne e Parola e che ci chiama proprio nella storia singolare di Gesù.

Lo abbiamo ascoltato nel Vangelo di oggi. È l’inizio del discorso di Gesù che si presenta a noi come Buon Pastore.

In queste parole Gesù propone due immagini per parlare di sé; la prima è la più chiara, la più evidente: «Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore». È appunto, l’immagine, la metafora, del pastore, la prima, molto bella. E la seconda è strettamente legata a questa: è l’immagine della porta, la porta del recinto, dove le pecore trovano rifugio, protezione, salvezza, ristoro, pace, tranquillità. Entrando per quella porta, che è l’accesso principale, le pecore non devono più temere alcun pericolo, alcuna minaccia!

Gesù è la nostra pace, la nostra consolazione, il nostro ristoro. Se Lui è con noi, non dobbiamo temere nulla e nessuno.

In effetti, la nostra vita è minacciata da tante cose: pericoli, prepotenze, eventi difficili. Oggi, in questo nostro mondo globalizzato, nella nostra società aumenta la richiesta di sicurezza. Ci sentiamo sempre più minacciati. E allora pensiamo che sia necessario difenderci. Certo, questo è necessario. Ma, purtroppo, se tutti noi ci armiamo per difenderci contro gli altri, alla fine ci viene a mancare la cosa più essenziale di tutte. Se nell’altro, in ogni altro, vediamo solo una minaccia, allora diventiamo sospettosi. Viene meno la fiducia. Guardiamo tutti con occhio avvelenato.

Così la nostra vita diventa un inferno, una prigione. Ci dobbiamo barricare, chiudere, per essere sicuri di noi stessi.

È un’illusione. Noi non troveremo mai pace chiudendoci. Anche nel nostro piccolo recinto, infatti, ci sarà sempre qualcun altro che ci minaccia.

Solo se accettiamo di ‘passare’ attraverso Gesù, fidandoci di Lui, solo allora troveremo quella pace che, invece, senza di Lui ci sfugge. Ma perché questo accada noi dobbiamo fidarci della ‘voce’ di Gesù, la voce del pastore.

Questa è la seconda immagine del Vangelo di oggi: il pastore. Questa figura, il pastore, è inseparabile dalla ‘voce’. È una voce che chiama. Ecco, la vita è risposta alla voce di Gesù, pastore buono, che ci chiama.

Il Signore stesso dice con grande chiarezza che il guardiano del gregge apre al pastore che entra dalla porta: «e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori». E Gesù continua, dicendo che «quando» il pastore «ha spinto fuori tutte le sue pecore», allora, «cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce». È una similitudine, certo, ma molto bella e profonda.

C’è molta vivacità, dinamismo, in questa immagine del pastore e della voce. C’è, infatti, come un doppio movimento: prima il pastore chiama, «per nome» e poi spinge fuori, e Lui cammina davanti, perché le pecore lo seguano.

Gesù ci chiama a sé e la sua voce non è quella di un estraneo, di un ladro o di un brigante.

Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere. Ed effettivamente il mondo è pieno di ladri e di briganti. È pieno di uomini e donne che fanno il male, che non pensano se non a sé, ad arraffare, ad accumulare, e, per fare questo, sono disposti a tutto, perfino ad uccidere.

Nel Vangelo di oggi Gesù dice una verità molto forte, perfino scioccante: «Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti».

In effetti, quando parliamo di ladri e briganti, noi pensiamo sempre agli altri. Tendiamo a dimenticare che anche noi lo siamo o lo siamo stati, nella nostra vita. Noi siamo davvero capaci di compiere il male, di essere ladri che vogliono rubare la felicità dell’altro, pensando così di poter conquistare la propria. Ma è un’illusione!

Questa parola del Vangelo è molto forte. L’unico, tra gli umani, che non è ladro e brigante è Lui! Perché, aggiunge Gesù: «io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Ecco, questo è il Vangelo: il dono sovrabbondante della grazia di Gesù, che per noi, per me e per ciascuno di noi, ha donato se stesso.

Per questo Gesù ci chiama a sé: perché impariamo a gustare la bellezza della sua voce. Non è la voce di una sirena. Non è la voce di un incantatore. Non è la voce di un seduttore. È la voce dell’amore sovrabbondante.

Questa ‘voce’ ci spinge fuori. Gesù non ci trattiene a sé. Ci chiama per mandarci, per inviarci, perché diventiamo testimoni, per gli altri, di questa bellissima voce di amore che abbiamo scoperto nella nostra vita.

E allora la nostra voce diventerà una testimonianza della voce di Gesù. Allora, in questo nostro mondo toccato profondamente dal male, diventeremo testimoni e portatori della voce e della Parola di Gesù.

Negli Atti degli Apostoli, Pietro è diventato voce di Gesù. Lui, che ha ascoltato la voce della grazia, lui che ha sperimentato, dopo il tradimento, il perdono e l’amore sovrabbondante di Gesù, lui che, con gli altri Apostoli, ha ricevuto il dono dello Spirito, lui se ne è fatto testimone.

Questo è il compito della Chiesa, di noi cristiani, oggi, senza mai scoraggiarci, per il nostro o per l’altrui male.

Alla fine del discorso di Pietro, subito dopo la prima Pentecoste, tutti quelli che ascoltano «si sentirono trafiggere il cuore». Sono colpiti da un’emozione profonda che li tocca e li sconvolge. E chiedono «a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”». E la risposta di Pietro, della Chiesa oggi, è: «Convertitevi». “Fatevi «battezzare nel nome di Gesù». Convertitevi alla sua voce”.

La nostra vita diventi una testimonianza vivente della voce di Gesù che ci chiama ad essere testimoni della sua grazia per tutti!

don Maurizio, 07 maggio 2017



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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