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Scegliete: o eterologa o adozione!

bisceglie-adozioneLa proposta lanciata da Amici dei Bambini – un emendamento alla legge sull’eterologa, in modo che una coppia che avesse scelto questa forma di fecondazione artificiale non possa più adottare – ha sollevato un acceso dibattito. Di seguito proponiamo una riflessione pubblicata sul blog Bioetica mercoledì 1 ottobre. Con questo intervento inauguriamo la rubrica “Agorà”, che darà spazio ai commenti qualificati sui temi di discussione proposti da Ai.Bi.


 

I tentativi di intralciare il ritorno alla legalità della fecondazione eterologa si moltiplicano. Tra i più recenti, spicca per originalità quello di Marco Griffini, presidente di AiBi (Amici dei Bambini), movimento cattolico che riunisce chi ha intrapreso o vuole intraprendere la strada dell’affido o dell’adozione internazionali. Ecco la sua proposta, riportata da Avvenire (Ilaria Sesana, «“Tra sei anni la fine delle adozioni”», 28 settembre 2014, p. 14):

«Inoltre chiederemo al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, un emendamento alla legge sulla fecondazione eterologa – aggiunge Griffini –. Per fare in modo che una coppia che ha scelto l’eterologa, poi non possa più fare l’adozione internazionale». Una richiesta, spiega il presidente di AiBi, nata dall’ascolto dei bambini e giovani adottati, che non vogliono essere considerati «figli di serie B». «È culturalmente corretto portare avanti questo dibattito – conclude Griffini –; nel momento in cui un genitore si vede madre o padre di un figlio non suo ha due possibilità: l’eterologa e l’adozione. Ma deve scegliere. L’adozione non deve essere l’ultima spiaggia quando tutti gli altri tentativi sono falliti».

A quanto pare, dunque, per «bambini e giovani adottati» – o per l’AiBi che ne interpreta il pensiero – va benissimo essere considerati «figli di serie B», purché solo nei confronti dei figli biologici: non si chiede infatti di escludere dall’adozione chi ha già avuto figli naturalmente o tramite la fecondazione omologa. Una volta accettato questo principio, però, non si capisce perché escludere chi intende ricorrere all’eterologa, visto che anche in questo caso un legame biologico esiste, anche se solo con uno dei genitori (persino nell’eventualità assai rara della cosiddetta «doppia eterologa», in cui entrambi i gameti vengono da donatori, la madre stabilisce un legame di natura biologica tramite la gravidanza).

Al di là di queste contraddizioni, è abbastanza ovvio che ricorrere all’adozione come «ultima spiaggia» non implica affatto necessariamente che i figli ottenuti in questo modo non saranno amati poi come gli altri. Tentare di avere prima figli in tutto o in parte geneticamente legati alla coppia risponde non solo a imperativi culturali e istintivi molto profondi, ma verosimilmente anche a una strategia ottimale per ottenere un figlio: prima, quando la fertilità è più alta, provare con la procreazione naturale e assistita; in seguito, quando la coppia è più matura e può più facilmente superare lo scrutinio impegnativo che ne attesterà l’idoneità, provare con l’adozione. (È interessante notare come anche quei cattolici che si vantano di avere generosamente adottato dei bambini, contrapponendosi in questo modo virtuosamente agli «egoisti» che fanno ricorso alla procreazione assistita, abbiano nella quasi totalità prima generato figli propri e poi adottato.)

Resta infine da capire come un movimento che lamenta i numeri decrescenti delle adozioni internazionali e che ha fra i suoi obiettivi quello di rendere più facile la certificazione dell’idoneità, possa caldeggiare allo stesso tempo di ridurre gli aspiranti genitori e di erigere nuovi paletti. Ma forse quello che si cercava in questo caso, con una proposta che ben difficilmente potrebbe essere accolta, era in realtà solo un accreditamento presso autorità che della loro antipatia nei confronti dell’eterologa non hanno fatto certo mistero.

Da: Bioetica



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