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Scorgere con stupore la grazia gratuita di Dio nella nostra storia.

Oggi, nel Vangelo, abbiamo ascoltato due bellissime e piccole parabole. Fanno parte del capitolo IV del vangelo di Marco, dove sono raccolte alcune altre parabole, tra cui quella famosissima del seminatore.


Anche qui, in questo Vangelo, al centro c’è sempre l’immagine del seme, ma con dei significati diversi.

Tutto questo concorre a comprendere la realtà del Regno di Dio.

Se la parabola del seminatore, che raccontava dei diversi terreni che accolgono lo stesso seme, metteva in luce quanto è decisiva, per il Regno stesso, l’accoglienza e la risposta della libertà, la prima parabola del Vangelo odierno ci annuncia ciò che sta all’origine della nostra risposta.

È come se Gesù ci dicesse: “attenzione! Non crediate che tutto dipenda da voi!”. Ma non per questo, allora, dobbiamo pensare che nulla dipende da noi.

Dunque, queste due parabole vanno lette l’una alla luce dell’altra, mai l’una senza l’altra.

Fermandoci con attenzione alla parabola di questo vangelo, dobbiamo dire che qui, in fondo, Gesù non fa altro che dire il ‘succo’, l’essenziale della ‘buona notizia’.

Egli dice, con un’immagine potente, che, quando «un uomo che getta il seme sul terreno», sia che egli «dorma o vegli, di notte o di giorno», comunque «il seme germoglia e cresce».

Sembra un piccolo particolare, ma non lo è.

Gesù stesso aggiunge: «come, egli stesso non lo sa». Il fatto è che – conclude – «il terreno produce spontaneamente … lo stelo … la spiga … il chicco …» fino alla «mietitura».

Questo è sorprendente: è il contadino che semina, ma il seme cresce «spontaneamente».

Certo, il contadino può – e deve! – seminare su un buon terreno, può preparare il terreno, può circondare di attenzione e di cura il suo campo. Ma è il seme che cresce, per la sua potenza, per la sua virtù, per la sua forza.

A volte si vedono delle pianticelle crescere tra le rocce o sui tetti delle case … che ci fanno dire: “ma come ha fatto a crescere quella piantina lì in un posto che diremmo ‘impossibile’’’?

Ecco, Gesù parte dallo sguardo sul mondo, per dirci che cosa accade per il Regno, per l’opera di Dio nella storia. È Dio che agisce e la sua opera non manca di raggiungere il suo effetto.

Queste parole ci devono illuminare, soprattutto quando siamo presi dallo sconforto e dallo scoraggiamento. A guardare il corso delle cose nel mondo, ci verrebbe da dire l’assenza di Dio, il venir meno della sua opera. Ci sembra che Dio sia scomparso dall’orizzonte della storia. Ci sembra di essere soli, abbandonati. Ci domandiamo, a volte con angoscia: “Ma dov’è Dio?”.

Ce lo chiediamo nella nostra vita personale o nelle nostre relazioni, in famiglia, sul lavoro, tra amici. Tutto sembra tacere.

Ma la Parola di Gesù ci cambia lo sguardo, la prospettiva.

È quello «spontaneamente» che noi spesso dimentichiamo. Non sappiamo vedere, comprendere, discernere.

Il Regno di Dio è così. La ‘sua’ grazia opera, «spontaneamente». Appunto, è grazia! Non è una nostra conquista. È un dono. E Dio è fedele ai suoi doni, alle sue promesse. Il Regno non è una conquista.

Il primo passo della fede è lo stupore: scoprire, con meraviglia, che c’è un’opera gratuita di Dio nella nostra storia.

Questo è il nucleo del vangelo: la grazia!

Per poter scoprire con stupore, l’opera di questa grazia, occorre avere occhi che sanno riconoscere le mille cose che, nella nostra vita, accadono ‘per grazia’ e cioè «spontaneamente». Il sole sorge, la notte porta riposo e refrigerio, la luce illumina, l’acqua scorre …

E poi, guardiamo anche alla nostra vita: il nostro corpo è un organismo che ‘funziona’ meravigliosamente, senza che noi ne sappiamo nulla. Certo, purtroppo, accadono le malattie, a volte terribili. Ma … quante cose belle accadono nella nostra vita e noi non sappiamo riconoscerle.

Ecco, questa parabola è un invito a riconoscere la grazia, nascosta anche nelle cose più minute, ed è quindi un invito a ringraziare.

Si rin-grazia perché si ri-conosce che la grazia ci precede, ci sorprende, ci anticipa, ci meraviglia.

Ma questo richiede la nostra fede, la fiducia della nostra libertà.

La seconda parabola del Vangelo di questa domenica ci aiuta a fare un passo ulteriore.

Gesù dice che il Regno di Dio può essere paragonato a «un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno». Ecco, questo corregge – probabilmente – le nostre attese e aspettative nei confronti dell’opera di Dio e della sua grazia.

Noi saremmo portati a pensare, spontaneamente, che quando Dio agisce non può che fare le cose con potenza, in modo strabiliante, stupendoci con effetti speciali, in modo da attirare la nostra attenzione e quasi a costringerci a vederlo, a riconoscerlo. Sennò che Dio è? Non è forse l’onnipotenza?

Ebbene, questa parabola che in fondo ci parla di Gesù stesso, dice che Dio ama le cose piccole, apparentemente insignificanti.

Questa parabola dice che Dio, che è l’immensamente grande, si fa piccolo, si fa carne, si fa uomo. Il seme di senape è «il più piccolo di tutti i semi».

Questo è sconvolgente. Noi penseremmo il contrario.

Ma questa parola rende più acuto e profondo il nostro sguardo.

È una parabola, questa, che ci chiede di non fermarci alle apparenze, alla superficie, alle prime impressioni, ai ‘fuochi di artificio’.

Dio non è una ‘macchina da guerra’, che si impone per la sua forza. Al contrario, la ‘logica’ del Vangelo è la logica del ‘piccolo’.

Lo dice anche il profeta Ezechiele, nella prima lettura.

Il profeta racconta che il Signore prenderà «un ramoscello … dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami…». E, poi, questo piccolo ramoscello, questa punta di un grande ramo, a sua volta «metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico».

Ecco, tutto questo avverrà «spontaneamente», grazie alla forza e alla grazia di Dio. Ma tutto parte dal piccolo, da ciò che ci appare insignificante.

Questo non ci deve certo spingere a cercare sempre e solo le cose piccole o i servizi umili e insignificanti, nascondendoci dietro a una falsa umiltà, nella quale, a volte, si nasconde solo il disimpegno. No, certo!

Il Vangelo dice che il più piccolo di tutti i semi poi «cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto» al punto che proprio«gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Il Regno cresce. L’opera di Dio non fallisce.

Questa è la nostra speranza. Come, noi stessi non lo sappiamo.

Quando il Regno arriverà alla sua pienezza, quando sarà questo immenso albero alla cui ombra tutti potremo riposare noi non lo sappiamo.

Questa, però, è la nostra assoluta fiducia, sulla base della Parola di Gesù.

Ora, in questo tempo, a noi è chiesto di lavorare nel nostro piccolo, là dove siamo, sapendo scorgere la grazia che a volte, quasi sempre, si nasconde là dove noi non l’avevamo vista.

Non per questo siamo degli ingenui ottimisti.

A noi è chiesto di darci da fare, dando del nostro meglio, sapendo che Lui porta a compimento quello che noi, da soli, mai potremmo compiere.

don Maurizio



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