Salta al contenuto Skip to sidebar Skip to footer

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

PRIMA LETTURA Dal libro di Neemìa


In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.

Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza.

Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.

I leviti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.

Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.

Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».

 
SECONDA LETTURA Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.

E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?

Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.

Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?

 

VANGELO  Dal Vangelo secondo Luca

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.

Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore».

Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

 

OMELIA

La Parola oggi parla di sé stessa: “al centro è la Parola”, così potremmo intitolare la Parola che abbiamo ascoltato.

Noi stiamo celebrando la liturgia della Parola, il primo fondamentale momento di ogni celebrazione dell’Eucarestia. Il centro di questo momento non è l’omelia, ma è la proclamazione della Parola. L’omelia, la predica, vorrebbe e dovrebbe solo accostarci alla Parola proclamata, per comprendere un po’ meglio di chi e di che cosa parla; per riconoscerne il significato universale, per tutti, che essa ci rivolge e, soprattutto, per gustare per noi e per le nostre comunità, oggi, la bellezza e la forza di quella Parola.

 

L’atto liturgico che noi siamo compiendo ha una lunga storia, di cui la Parola di oggi ci riporta alcuni frammenti, che sono però molto significativi anche per noi.

 

La prima lettura racconta, in sintesi, un momento commovente e speciale della storia del popolo di Dio, Israele, dopo il suo ritorno dall’esilio.

Sotto la spinta del governatore Neemia e del sacerdote e scriba Esdra, «tutto il popolo» viene convocato, radunato, per ascoltare la legge di Dio, il libro della Torah, che raccoglieva già allora i cinque primi libri dell’Antico Testamento.

Con grande solennità vengono descritti i vari momenti di questa ‘convocazione’, che non possono non ricordarci le nostre liturgie della Parola.

 

È il sacerdote Esdra che porta «la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere».

La Parola si rivolge agli adulti, più che ai bambini, non certo per ‘disprezzare’ i bambini. Al contrario, la Parola va letta e spiegata anche a loro, ma in modo diverso che agli adulti.

A volte, invece, succede proprio il contrario – e lo dico senza mancare di rispetto a nessuno degli adulti! –. A volte, invece, proprio oggi, succede che molti adulti stanno davanti alla Parola come dei bambini, o perché sono rimasti ai ricordi dell’infanzia, nella loro conoscenza della Parola, o perché davanti a questa stanno distratti, poco partecipi e interessati, o poco attenti.

Così la Parola ‘scivola’ via sulla loro pelle e va perduta la sua ricchezza. La Parola è rivolta a noi, perché la amiamo, la comprendiamo, la facciamo nostra: essa infatti ci parla sempre di Dio e del suo amore sovrabbondante, della sua alleanza con noi.

 

Il libro di Neemia dice in modo molto bello: «tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge». È forte questa espressione: «tendeva l’orecchio».

Certo, allora non c’erano i microfoni e oltretutto si era all’aperto, in una piazza, per poter contenere tutto il popolo insieme. Ma questo ‘tendere l’orecchio’ dice di una sollecitudine, di un interesse, di un desiderio, per ascoltare, per comprendere.

Per questo si era costruita «una tribuna di legno», dalla quale il sacerdote Esdra leggeva il libro.

Questa «tribuna di legno» era l’antenato dei nostri pulpiti, che hanno lo stesso scopo: la Parola è proclamata dall’alto, non solo per essere ascoltata meglio, ma perché essa viene dall’alto, anche se è pur sempre detta in parole umane.

 

Ancora si dice che quel giorno, dalla mattina fin «dallo spuntare della luce», per molte ore, «fino a mezzogiorno», la Parola venne proclamata. Questo non significa solo che lessero tutta la Parola, ma, più in profondità, che per essere compresa la Parola deve essere ascoltata tutta intera.

La Parola è come un corpo, che ha diverse parti – come ricorda la seconda lettura, anche se parlando della Chiesa e della comunità cristiana! – e questo significa che ogni parte rimanda all’altra. Le parti più oscure devono essere comprese attraverso quelle più luminose e chiare. La Parola è un corpo, dove tutto è collegato e vivo. In fondo, tutta la Parola di Dio ci rimanda a Gesù, al suo corpo, alla sua storia, che è la storia del dono di Dio a noi! E questo ‘corpo’ chiede oggi di diventare di nuovo carne, storia, attraverso di noi, le nostre comunità, le nostre giornate quotidiane.

 

Il libro di Neemia, la prima lettura, racconta anche di come il popolo ascoltava, ricordando le posture del corpo di chi era lì presente. Anche questa non è affatto una cosa secondaria. Si ascolta col corpo, grazie al corpo.

«Come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi». Il popolo di Dio ‘scatta in piedi’, quasi come sull’attenti, appena il libro viene aperto. È quello che facciamo noi quando proclamiamo il momento culminante della parola: il Vangelo!

Si dice poi che il sacerdote benedice Dio, «Dio grande», e che «tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani». E poi, subito dopo, tutti «si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore».

Queste diverse posizioni indicano la gioia, la gratitudine della preghiera (alzare le mani), perché l’ascolto è sempre una preghiera, una relazione; e poi la venerazione e l’adorazione nei confronti di una Parola che rende presente colui che in quella Parola ci parla, si rivolge a noi!

 

Poi ancora si dice che, «a brani distinti», i diversi «leviti» – la classe dei sacerdoti – «leggevano il libro della legge di Dio … e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura».

Erano come gruppi di catechesi, di approfondimento, per meglio comprendere, per ascoltare in profondità, per appropriarsi di questa Parola.

In effetti, non bastano certo dieci minuti o al massimo un quarto d’ora alla settimana, per approfondire la parola.

Oggi gli adulti non partecipano quasi più alle catechesi.

È rarissimo che ci siano gruppi, nelle nostre comunità, che si ritrovano per una ‘lectio’ e cioè per una condivisione più profonda che nasce dall’ascolto della Parola.

Sono anche molto poche le persone o le famiglie che, tutte le settimane, prendono in mano la Parola della domenica e la meditano, con amore e in profondità.

Sono anche poche le persone che, ogni giorno, ascoltano e meditano la Parola dell’Eucarestia quotidiana.

Così, le nostre comunità rischiano di essere ‘morte’, perché non assimilano, non ‘mangiano’ la Parola, non se ne nutrono.

 

Alla fine di questa giornata intensa, il sacerdote, il governatore, i leviti, tutti coloro che avevano ‘spezzato’ il pane della Parola, dicono: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio». È un giorno dedicato a lui, come è – o dovrebbe essere – per noi la domenica, e come è il sabato per gli ebrei.

 

Soprattutto: «non fate lutto e non piangete!». Fare memoria di ciò che racconta la Parola, certo, ci dovrebbe far piangere: per il dolore, perché racconta le nostre infedeltà, ma anche per la commozione delle cose belle che ci annuncia!

Per questo Neemia dice a tutto il popolo: ”dovete essere nella gioia, deve prevalere in voi la gioia”, «non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».

Il pianto di dolore, di chi è infedele, deve cedere il passo al pianto della gioia, alla festa.

E così, tutti mangiavano e condividevano un cibo ricco e eccellente. Così facciamo anche noi: dopo l’ascolto della Parola, condividiamo la bontà del pane dell’Eucarestia.

 

Il Vangelo, in uno splendido racconto, di cui riprendo solo la conclusione, ci narra di un giorno particolare altamente simbolico, quando Gesù, di sabato, nella sinagoga, «si alzò a leggere» e – casualmente? – «gli fu dato il rotolo del profeta Isaia», ma lui andò a cercare il passo dove si annunciava «l’anno di grazia del Signore». E, mentre «gli occhi di tutti», in quella sinagoga, stavano «fissi su di lui» egli annunciò: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

 

In lui, Gesù, si compie tutta la Parola dell’antica Legge, una volta per sempre.

Quando noi ascoltiamo la Parola è Lui che ascoltiamo, è Lui che ci parla, portandoci la liberazione, la luce, la grazia!



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


Sostieni anche tu questa nostra testimonianza e specifica missione, Dona ora
inserendo la causale "sostegno vocazione all’accoglienza familiare"..

Lascia un commento