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Maria Madre di Dio, Regina della pace.

Il primo giorno dell’anno è dedicato, nella Chiesa Cattolica, oramai da anni, alla giornata mondiale per la pace.


Papa Francesco, nel messaggio di quest’anno, ha iniziato con le parole: ”Pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra”.

Questo è l’augurio, e soprattutto la preghiera, che noi oggi – stamattina – ci rivolgiamo gli uni gli altri e che formuliamo per tutti gli uomini sulla terra. “Pace a tutti, pace a voi, pace”.

Questa – pace! – è una parola molto bella, che, anche nella celebrazione eucaristica, dopo il Padre Nostro e prima della Comunione, ritorna con insistenza.

Il papa, sempre all’inizio del suo messaggio, sottolinea che queste parole, questo desiderio, la pace, è particolarmente opportuno appunto in questo tempo natalizio. Oggi sono trascorsi otto giorni dal Natale!

Scrive: “la pace, che gli angeli annunciano ai pastori nella notte di Natale, è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza”.

La pace non è solo un augurio che ci scambiamo oggi, non è solo la richiesta che nella preghiera noi rivolgiamo al Signore; la pace è un’aspirazione profonda, un desiderio incancellabile.

Il paradosso è che quanto più manca la pace, tanto più il suo desiderio cresce.

Il papa nel suo messaggio, si sofferma soprattutto, dedicandolo a loro, sui migranti e i rifugiati, definendoli ‘uomini e donne in cerca di pace’.

Ma pensiamo anche al desiderio di pace che c’è nella famiglie dove ci sono molte discordie, incomprensioni, difficoltà, risentimenti, incapacità a perdonarsi, prepotenze, cattiverie. Lì – proprio dove non c’è – noi avvertiamo tutta la bellezza della pace.

Ecco, specialmente in queste situazioni – molto più che nelle questioni politiche (il papa si sofferma su una di queste!) – noi avvertiamo che la pace dipende da noi.

Non è un sogno, non è una illusione, non è una chimera.

No, la pace è un impegno. A tutti noi è chiesto di diventare ‘operatori di pace, testimoni di pace’.

Ma come è possibile questo?

Mi pare che la Parola di Dio, di oggi, primo giorno dell’anno, ci aiuti a rispondere a questa domanda.

La prima lettura, che è tratta da una bella pagina del libro dei Numeri, dice di una parola che Dio ha rivolto a Mosè, perché questo grande profeta, questo uomo che parlava a nome di Dio, la rivolgesse, a sua volta, al sacerdote «Aronne e ai suoi figli».

Già qui c’è un insegnamento molto forte e bello: la pace viene da Dio, ma non come un dono magico, perché essa ‘passa’ attraverso di noi.

La pace è un dono che, però, non piove dal cielo. Se noi uomini non ci facciamo portatori della pace di Dio, noi questo dono lo perdiamo. Ci dobbiamo dare la pace gli uni gli altri.

Solo così la pace di Dio, la pace che è Dio, sarà tra noi: nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, anche parrocchiali, nei nostri luoghi di lavoro, nei nostri paesi e città, nel nostro paese, in Europa, nel mondo intero!

Per poter trasmettere questo dono, è necessario che ciascuno di noi lo accolga.

Le parole che Mosè consegna ai sacerdoti, perché loro le rivolgano a tutti gli Israeliti, tutto il popolo, contengono tre formule, tutte e tre di benedizione.

Sono parole che furono particolarmente care a San Francesco di Assisi.

La prima formula di questa benedizione è: «Ti benedica il Signore e ti custodisca».  Come a dire: “non dimenticare mai che il Signore ti riempie di beni e ti custodisce. Anche in mezzo alle fatiche, alle esperienze dolorose, non devi dimenticare che Lui ti custodisce, agisce nel bene a tuo favore. Senza il suo bene, tu non saresti qui!”.

Specialmente quando siamo oppressi dal male, dentro e fuori di noi, siamo tentati di dimenticare, siamo tentati di perdere la memoria del bene.

Questo è allora il primo modo per accogliere il dono della pace: “non dimenticare il bene che hai ricevuto nella tua vita. Non lasciarti sommergere dal ricordo del male”.

Lo dice anche un famoso proverbio – mi pare cinese -: fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. Il male è clamoroso, fa molto più rumore. Invece il bene è silenzioso. Ma non deve sparire dalla nostra memoria.

La seconda formula di questa benedizione dice: «Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia».  Qui c’è l’idea che il volto splendente di Dio è la sorgente di ogni grazia.

È vero. È così: ogni grazia, ogni dono che noi abbiamo ricevuto nella nostra vita, viene da Dio, dal suo volto luminoso. Lui solo è grazia.

È vero noi abbiamo ricevuto molte grazie da molti uomini e donne: pensiamo per esempio ai nostri genitori o a persone che ci hanno amato. Eppure, solo il Signore è grazia.

Noi uomini, anche i più buoni tra noi, siamo sempre capaci di farci del male. In mezzo a tanto bene, si insinua facilmente in noi la trappola del male.

Invece, Dio solo è grazia e solo grazia. Dio solo è amore sovrabbondante.

Allora, dissetiamoci a questa sorgente, soprattutto quando siamo ‘feriti’ dalla mancanza di amore degli altri!

La terza formula dice: «Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace».

Qui ritorna il volto di Dio, ma stavolta si sottolinea che la sua grazia diventa per noi pace. Chi ha riconosciuto la grazia di Dio, lui, diventa operatore di pace.

Se ascoltiamo bene il Vangelo è proprio questo il compito bellissimo dei pastori. Ascoltano nella notte le parole degli angeli: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».

Allora si muovono, si mettono in cammino, alla ricerca di quel ‘segno’ della pace che avevano ricevuto dagli angeli: un bambino «adagiato nella mangiatoia», insieme con il suo papà e la sua mamma che si prendono cura di lui.

Vedono il bambino e lo riconoscono.

Paolo, nella seconda lettura, in un versetto bellissimo della lettera ai Galati, dice che quel bimbo è «la pienezza del tempo». «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli».

Gesù è il volto di Dio, che risplende su di noi, portatore di grazia e di pace!

I pastori, poi, si fanno portatori di questa notizia. Sono i primi evangelizzatori, i primi missionari di Gesù.

Così il Vangelo si diffonde. Poiché quelli che ascoltano le parole dei pastori, a loro volta, si stupiscono. I pastori li fanno pensare. Li muovono a meraviglia. E la meraviglia è il principio di nuove scoperte.

La pace portata dai pastori, si comunica. Non si ferma. Se uno ha scoperto la pace e la grazia, non può trattenerle. Se le trattiene le perde!

Nel Vangelo, infine, c’è la bellissima figura di Maria, alla quale è dedicata questa liturgia del primo dell’anno: Maria Santissima Madre di Dio.

Maria guarda tutto, ascolta tutto, ricorda tutto.

Lei, che sapeva della nascita per grazia di questo bambino, «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore».

Maria contempla, riflette, fa memoria, è riconoscente, è grata, è obbediente.

Maria è la ‘regina della pace’. Così si concludono le litanie del Rosario.

A Lei, che è madre di Dio, di quel Dio che si è fatto carne in Gesù, chiediamo il dono della pace, per ciascuno di noi, per le nostre famiglie, per questo nostro mondo martoriato, per tutti gli uomini assetati di pace!

Don Maurizio



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